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Sulla
bibliografia relativa alla deportazione e allo sterminio.
Un percorso
critico |
Indice
Sulla
bibliografia
relativa alla deportazione e allo sterminio. Un percorso critico
Negli
ultimi
anni la produzione di opere riguardanti l’antisemitismo nazifascista e
le pratiche sterminazioniste che coinvolsero le comunità ebraiche tra
il 1941 e
il 1945 ha conosciuto un incremento ragguardevole. Parimenti può dirsi
dei
lavori concernenti le persecuzioni e le deportazioni di quelle vittime
– un
vero e proprio universo a sé – che pur non essendo ebree subirono i
rigori
della violenza totalitaria durante gli anni di Hitler, Mussolini e dei
fascismi
europei: politici, omosessuali, testimoni di Geova, i cosiddetti
“asociali”
e così via. La ragione di ciò è da attribuirsi alla rinnovata
attenzione con
la quale l’intera vicenda dell’“olocausto” – termine improprio, di
natura teologica, mutuato dal dibattito statunitense in materia – o,
più
propriamente, del genocidio
degli ebrei
o shoah (parola ebraica da
tradursi
come “catastrofe” e che richiama l’idea genocidiaria), così come delle
deportazioni, è stata considerata, alla luce soprattutto di nuove
riflessione
storiografiche e sulla scorta di una inedita attenzione collettiva. A
partire
dagli anni ’60, infatti, il processo ad Adolf Eichmann (uno dei più
importanti esecutori del genocidio) e, in successione, la
polarizzazione
dell’attenzione collettiva sul tema e la sua popolarizzazione,
soprattutto
negli Stati Uniti, hanno incentivato le ricerche e le riflessioni in
materia. La
questione del come, ma
anche e
soprattutto del perché, un
evento di
tali dimensioni – materiali e morali – sia potuto avvenire,
coinvolgendo un
paese come la Germania, centro della cultura europea e sede della
modernizzazione socioeconomica, continua ad interessare ampi settori
degli studi
di scienze sociali, non solo nel campo storico, beninteso, e a
sollecitare
l’attenzione collettiva.
Di
seguito si fornisce una bibliografia ragionata, non esaustiva, di
avviamento
allo studio dell’argomento, fruibile dal grande pubblico ma congruente
anche
con un indirizzo didattico e pedagogico che è fatto proprio da chi lo
inserisce
in un programma di storia contemporanea o, più in generale, di scienze
sociali.
Particolare cura è offerta alla vicenda dei “triangoli viola”. Sono
escluse
dal repertorio le opere di memorialistica o di testimonianza
personale, con
l’eccezione dei punti D e E.
a.
Un consiglio e cinque testi per iniziare
Il
consiglio è semplice ma non scontato: poiché molti ne parlano, spesso
non con
la sufficiente competenza, è bene cercare di costruirsi un piccolo
percorso
personale di comprensione, basato sul confronto delle fonti e sulla
comparazione
dei giudizi. Non è facile ma neanche impossibile. Le deportazioni,
così come
lo stesso sterminio degli ebrei d’Europa, si presentano
all’osservatore
esterno o come un processo lineare o, antiteticamente, come un evento
del tutto
incomprensibile. Sono due impressioni lecite in chi non conosce a
fondo certi
aspetti non solo della storia contemporanea ma anche dell’animo umano,
ma
entrambe errate. Le vicende di cui parliamo non vanno solo studiate ma
soprattutto capite. Poiché ci parlano di donne e uomini che furono stritolati
da una macchina criminale e da ideologie assassine. Ma, per l’appunto,
su
quegli esseri umani si deve concentrare la nostra attenzione, non su
oggetti o
numeri. E ciò implica un certo grado di immedesimazione emotiva negli
stessi,
senza la quale il tutto è destinato a rimanere nell’opacità della
falsa
considerazione o nella lontananza del rifiuto. Quel che ci appare
troppo grande
o lo riduciamo al punto da annullarlo o lo rigettiamo come
indecifrabile. Eppure
le deportazioni furono il prodotto dell’azione di alcuni individui
contro
altri, non un evento estraneo alla volontà dell’uomo. Ragion per cui è
bene
non spaventarsi dinanzi all’impresa che si va ad iniziare ed armarsi
di buona
volontà e di qualche metodo di lettura, oltreché di obiettivi. Il
metodo, lo
si ripete ancora una volta, è quello dell’uso
e
della comprensione
critica delle
fonti attraverso il loro confronto; gli obiettivi sono quelli
connessi alla
elaborazione del passato non come epoca a sé bensì come orizzonte di
senso per
il nostro presente.
Detto
questo, si può procedere ad uno spoglio del materiale a nostra
disposizione.
Il primo testo da segnalare è quello di Gozzini Giovanni,
La strada per Auschwitz. Documenti ed interpretazioni sullo sterminio
nazista,
Bruno Mondadori Editore, Milano 1996. E’ un pregevole
volumetto di circa
200 pagine, corposo e molto ben strutturato, ideale per un primo
approccio
sistematico e rigoroso ma non tedioso. La descrizione e
l’interpretazione
degli eventi si accompagna alla riproduzione di documenti relativi
alla
deportazione. E’ senz’altro l’opera da cui partire. In appendice è
riportata una esauriente bibliografia tematica.
Il
secondo è la fatica con la quale Primo Levi si è congedato da
questo
mondo, I sommersi ed i
salvati,
Einaudi Editore, più edizioni, autentico pass-partout etico e
civile per
inoltrarsi nel fosco territorio del sistema-lager. E’ un testo che
va al di là
delle ragioni per cui fu redatto, divenendo documento su di un
secolo, il
Novecento, ove la categoria – e le pratiche – del genocidio non
furono sola
prerogativa del Terzo Reich.
Liliana
Picciotto Fargion con Per
ignota
destinazione. Gli ebrei sotto il nazismo, Mondadori
Editore, Milano
1994, ha redatto un’opera agile e chiara che offriamo come terza
stazione del
nostro iniziale pellegrinaggio nell’universo concentrazionario. Si
inserisce
nel concerto delle pubblicazioni divulgative ma ha il pregio
dell’esattezza ed
inoltre è opera di un’italiana che, insieme a Marcello Pezzetti, è
considerata tra le maggiori studiose mondiali di tale fenomeno
storico.
Il quarto testo è di Zygmunt Bauman, insigne sociologo, che ha scritto un saggio di grande acume intitolato Olocausto e modernità, pubblicato da il Mulino Editore per la prima volta nel 1993 e ora ristampato. La tesi sostenuta è che lo sterminio, lungi dall’essere un evento estraneo ed incomprensibile, si inquadra di buon grado all’interno delle logiche di un certo tipo di organizzazione socioeconomica quale quella propria al capitalismo novecentesco. In sostanza, lo sterminio è uno degli esiti possibili della cosiddetta “modernità” la quale incorpora in sé non solo la passione per il progresso ma anche una notevole carica distruttiva. Si tratta di un’opera impegnativa ma comprensibile che, per essere capita, tuttavia, richiede non la sua sola lettura ma anche lo studio dei diversi passaggi analitici di cui si compone. Adatta per chi ha già una discreta infarinatura sul tema, aiuta a cercare di dare una risposta su quegli angoscianti “perché?” che si accompagnano sempre ai “come?”
· Gitta Sereny, infine, autrice
di In quelle tenebre, Adelphi Editore, (diverse
edizioni tra cui una
recente nei tascabili) tratteggia un implacabile ritratto, quello
di Franz Stagl, comandante del campo di sterminio di Treblinka
dove perirono quasi un milione di ebrei. Il suo libro è il quinto
ed ultimo lavoro che ci sentiamo di consigliare come testo
d’approccio. Ricerca compiuta dal vivo, nel mentre il carnefice,
oramai prigioniero nelle carceri austriache, attendeva un giudizio
umano che sarebbe stato preceduto dalla sua stessa morte, si
articola attraverso una serie di colloqui serrati – a tratti anche
surreali – nel corso dei quali emergono drammaticamente i
lineamenti di una personalità prevedibile e banale. Qualcosa che
alla fine sconcerta ancora di più i nostri sentimenti poiché a
recitare la parte peggiore, allora come oggi, nei massacri del
passato come del presente, raramente sono gli psicopatici, quasi
sempre, invece, le persone cosiddette “comuni” o “normali”.
b.
Testi propedeutici, riassuntivi e a taglio didattico
I testi collocati in rassegna si caratterizzano per la natura espositiva e per l’interna organizzazione del materiale, volti ad agevolarne un utilizzo a fini didattici e/o formativi, sia da parte del docente che degli stessi studenti così come dei lettori comuni. Da rilevare che nessun intervento sistematico e continuativo sull’esplicazione della natura delle pratiche sterminazioniste nel ‘900 può esulare dallo svolgimento di un programma sulla storia contemporanea oltreché sui lineamenti fondamentali dell’economia e del diritto nelle società moderne. E questo vale all’interno delle scuole come al di fuori di esse, tra il grande pubblico. A tale riguardo si consiglia, tra i diversi manuali, la ponderosa opera di Andrea Graziosi, Guerra e rivoluzione in Europa 1905-1956, il Mulino, Bologna 2002.
Ad esso si possono proficuamente affiancare le seguenti opere:
-
Luigi Meneghello, Promemoria. Il massacro degli ebrei d’Europa, il Mulino,
Bologna
1994.
-
Enzo Collotti, Hitler e il
nazismo, Giunti
Editore, “Collana XX secolo”, Firenze 1996 così come dello stesso
autore Fascismo,
fascismi, Sansoni Editore, Firenze 1989 con successive
riedizioni.
Comandante ad Auschwitz.
Memoriale autobiografico di Rudolf Hoess, Einaudi
Editore,
più edizioni, è il diario di prigionia che il comandante del campo
tenne durante il processo, conclusosi con la sua condanna a morte. Va
sottolineato il fatto che una parte delle affermazioni ivi contenute
non sono
del tutto rispondenti al vero, in parte per le condizioni coattive cui
Hoess era
obbligato ma anche e soprattutto per la personalità dell’estensore,
vocato a
tratti megalomanici. Va quindi affrontato con una certa cura e con il
supporto
di altre letture, in chiave comparativistica. Rimane comunque una
testimonianza
pressoché unica nel suo genere.
Philippe
Burrin, Hitler e gli
ebrei. Genesi
di un genocidio,
Marietti
Editore, Genova 1994 e Leon Poliakov, Il
nazismo
e lo sterminio degli ebrei, Einaudi Editore, Collana
“Piccola
Biblioteca”, diverse e ripetute edizioni, sono divenuti oramai due
testi
canonici, di inquadramento critico, del fenomeno persecutorio, così
come il
volume di Michael R. Marrus, L’Olocausto nella storia, il Mulino, Bologna 1994, una
ricognizione sulle modalità e i criteri di ricezione ed elaborazione,
nell’ambito dei processi storiografici, dello sterminio degli ebrei.
Si
diceva che le opere presenti sul mercato sono molte ma diseguali, nei
contenuti
come nel rigore. Una scelta di qualità induce a preferire titoli come
quelli
di:
-
Arno Mayer, Soluzione
finale. Lo sterminio
degli ebrei nella storia europea, Mondadori Editore,
Milano 1990 e
successive edizioni.
-
Alberto Nirenstajn, E’ successo cinquant’anni fa. Lo sterminio di sei milioni di
ebrei, La
Nuova Italia, Firenze 1993.
-
Susan Zuccotti, L’Olocausto in Italia, Mondadori Editore, Milano 1988 è il
lavoro
che meglio si concentra sulle persecuzioni contro gli ebrei nel
nostro paese.
Di
netta impostazione scolastica è l’opera di F.M. Feltri, Il
nazionalsocialismo
e lo sterminio degli ebrei. Lezioni, documenti, bibliografia,
La Giuntina Editore, Firenze 1995: scritto da un didatta per
operatori del
settore e docenti di scuola media superiore è un manuale per
l’interpretazione e l’adozione di fonti di e sulla deportazione.
Sulla
falsariga del lavoro precedente è l’opera collettanea a cura di Enzo
Traverso, Insegnare
Auschwitz, a cura
dell’IRRSAE Piemonte per i tipi della Bollati Boringhieri, Torino
1992.
Parimenti, in quanto prodotto di esigenze esplicative di origine
didattica,
convergenti su di un’unica linea di elaborazione, si segnala di
A.A.V.V., Pensare
Auschwitz, Tranchida, Milano 1995. Dello stesso Traverso
si indicano ancora
Gli
ebrei e la Germania. Auschwitz e la “simbiosi ebraico-tedesca”,
il
Mulino Editore, Bologna 1994; per la comprensione del quadro
ideologico
all’interno del quale si articola il dispositivo di repressione Il
totalitarismo, Bruno Mondadori Editore, Milano 2002; La violenza nazista. Una genealogia, il Mulino, Bologna 2002
e,
insieme ad altri autori e per la cura di Marcello Flores, Nazismo, fascismo, comunismo, Bruno Mondadori, Milano 2002,
opera
dal taglio dichiaratamente comparativistico che si interroga su
ricorrenze e
specificità di tre esperienze reali di totalitarismo.
Più
in generale, sempre sul tema della didattica si sofferma Raffaele
Mantegazza nel
suo L’odore del fumo. Auschwitz e la pedagogia
dell’annientamento,
Città Aperta, Enna 2001 così come Andrea Molesini con Nero
latte
dell’alba. Libri che raccontano lo sterminio, Mondadori,
Milano 2001, che
raccoglie schede ad uso pedagogico o comunque espositivo.
Puramente
narrativo, di notevole qualità iconografica è il volume di A. Grynberg
Shoah. Gli ebrei e la catastrofe Universale
Electa-Gallimard, Milano 1995.
Bice
Migliau e Franca Tagliacozzo nel loro Gli
ebrei
nella storia e nella società contemporanea, La Nuova
Italia, Firenze
1994 inquadrano lo sterminio nella più generale vicenda delle comunità
ebraiche tra il XIX e il XX secolo. Si tratta di un manuale ad uso
prettamente
scolastico, scritto, organizzato e strutturato come un tradizionale
manuale di
storia. I singoli capitoli che lo compongono possono essere utilizzati
separatamente. Apprezzabile anche sul versante della storia del
sionismo, della
nascita dello stato d’Israele e per la panoramica che offre riguardo
alle
vicende mediorientali, è quindi uno strumento polivalente.
Più
in generale la rivista trimestrale Quaderni
di
Erodoto, Bruno Mondadori Editore, reperibile presso le
maggiori
biblioteche civiche e nelle più importanti librerie delle grandi
città, offre
articoli e saggi orientati alla riflessione su questi argomenti e
affini.
I
testi di Primo Levi, Se questo è un uomo e La
tregua, tutti editati da Einaudi e facilmente reperibili,
rimangono
ineguagliati nella loro cristallinità di espressione e chiarezza di
giudizio.
Sono le opere da cui partire per realizzare riflessioni di molteplice
natura e
contenuto. Ad esse si può affiancare di Jean Amery, Intellettuale
ad
Auschwitz, Bollati Boringhieri, Torino 1987.
c.
Volumi di ricerca e di analisi dettagliata
Raoul
Hilberg nelle sue monumentali opere La
distruzione
degli ebrei d’Europa, Einaudi Editore, più edizioni di
cui
una in economica nella collana “Tascabili” e Carnefici,
vittime,
spettatori. La persecuzione degli ebrei 1933-1945, Mondadori,
Milano
1992, ora anche negli “Oscar” ha descritto per filo e per segno i
diversi passaggi che si collocano all’origine dello sterminio.
Altrettanto
famoso e rigoroso, ma non più ristampata in lingua italiana è il libro
di G.
Reitlinger La soluzione finale. Il tentativo di sterminio degli ebrei
d’Europa, per
i tipi de il Saggiatore, Milano 1962, reperibile prevalentemente nelle
biblioteche.
Jean-Claude
Pressac, tecnico e ricercatore nel campo delle scienze naturali, ha
scritto con
il suo Le macchine dello sterminio. Auschwitz 1941-1945,
Feltrinelli,
Milano 1994 un’opera di attenta descrizione del funzionamento delle
camere a
gas.
Controverso
è il giudizio che connota il lavoro di Daniel Goldhagen, I
volenterosi carnefici di Hitler, disponibile per i tipi
della Mondadori
anche nei tascabili “Oscar”: la tesi di una colpa collettiva dei
tedeschi,
già da altri sostenuta, è qui ripresa con piglio polemico ma buon
rigore
documentaristico. Su questo tema si era già esercitato, attraverso
un’opera
comparativistica, Ian Buruma in Il
prezzo
della colpa. Germania e Giappone: il passato che non passa,
Garzanti, Milano
1994.
Di
elevato rigore e di grande valore analitico è di Michael Burleigh e
Wolfgang
Wipperman, Lo stato
razziale. Germania
1933-1945, Rizzoli, Milano 1992.
Senz’altro
da leggere sull’operato degli Einsatzgruppen – le unità di sterminio
operanti nelle retrovie orientali – è il libro di Christopher
Browning, Uomini
comuni, Einaudi editore, ora ristampato per i “Tascabili”
dello stesso.
E’ un’opera unica, rigorosissima, agghiacciante e implacabile:
prendendo a
spunto il diario operativo del Battaglione 101 della polizia tedesca
descrive
modalità, tempi, motivazioni e atteggiamenti di coloro che
parteciparono allo
sterminio per fucilazione nelle campagne polacche e della Russia
Bianca. Dello
stesso autore si segnala Verso
il
genocidio. Come è stata possibile la “soluzione finale”,
Il Saggiatore,
Milano 1998.
Più
posizionato sul versante storiografico tradizionale ma di rilevante
valore
euristico è l’opera del britannico Ian Kershaw di cui in italiano sono
stati
tradotti i volumi:
Che cos’è il nazismo?
Problemi interpretativi e prospettive di ricerca, Bollati
Boringhieri Editore, Torino 1995; Il
“mito
di Hitler. Immagine e realtà nel Terzo Reich, Bollati
Boringhieri
Editore, 1998; Hitler e
l’enigma del
consenso, Laterza, Bari-Roma 1997; i due volumi della
biografia di Hitler,
vol.I Hybris e vol. II Nemesis, entrambi
da Bompiani editore, 2000
e 2001.
Lo
storico Richard Breitman nel suo Himmler.
Il
burocrate dello sterminio, Mondadori, Milano 1991 ha
raccontato la storia
della Shoah attraverso la particolare prospettiva di uno dei suoi
massimi
pianificatori.
La
sociologia dei lager, ovvero i criteri di organizzazione di quella
forma
particolare di microsocietà che era costituita dai KZ e VL, è
analizzata da
Wolfgang Sofsky nel suo L’ordine del terrore. Il campo di concentramento, Laterza,
Roma-Bari 1995 così come ne Il secolo dei campi. Detenzione,
concentrazione
e sterminio, di Joel Kotek e Pierre Rigoulot, Mondadori,
Milano 2001. Provocò
all’epoca della sua pubblicazione grandi polemiche l’opera di Hannah
Arendt,
La banalità del male.
Eichmann a
Gerusalemme, Feltrinelli Editore, Milano (più edizioni,
anche
recentissime). E’ una riflessione a tutto campo sui problemi che il
sistema
concentrazionario e la meccanica delle deportazioni sollevano a
tutt’oggi, non
solo tra gli storici ma anche nella coscienza comune.
Sulle
vicende italiane si segnalano i seguenti volumi:
-
Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Einaudi, anche
tra i
“Tascabili”;
-
Meir Michaelis, Mussolini e la questione ebraica. Le relazioni italo-tedesche e la
politica razziale, Comunità Editore, Milano 1982, mai più
ristampato;
-
Michele Sarfatti, Mussolini contro gli ebrei. Cronaca dell’elaborazione delle leggi del
1938, Zamorani
Editore, Torino 1994 e
dello stesso autore Gli
ebrei
nell’Italia fascista, Einaudi, Torino 2000.
Sui
ghetti in Polonia: Israel Gutman, Storia
del
ghetto di Varsavia, La Giuntina Editore, Firenze 1996.
Una
criterio originale, accattivante e riuscito di rappresentare la
deportazione è
quello realizzato dal disegnatore Art Spiegelman in Maus.
Racconto
di un sopravvissuto, Rizzoli Editore, 2 volumi (ora
disponibile
anche in CD Rom). L’angoscia e la disperazione derivanti da tale
tragedia è
resa, attraverso il resoconto delle vicissitudini di una famiglia di
ebrei, in
forma di fumetto, unico tentativo del genere ad oggi.
Ancora
sul piano multimediale l’opera editata da Proedi per la cura della
Fondazione
Centro di Documentazione Ebraica di Milano, Destinazione
Auschwitz, in due CD Rom accompagnati da un volumetto
esplicativo, si
consiglia per il rigore ma anche la buona adattabilità ad un percorso
d’indagine e riflessione sul tema delle deportazioni.
Sul
web esistono molti siti dedicati alla memoria della shoah. Perlopiù
sono in
lingua inglese. Digitando nella funzione search
di qualsiasi motore di ricerca i termini Holocaust,
Shoah, Genocide e così via si possono ottenere pagine di grande interesse.
Si segnalano i seguenti indirizzi:
d.
Opere sulle persecuzione e la deportazione dei testimoni di
Geova
Difettano lavori organici sulle persecuzioni e sulla deportazione dei testimoni di Geova, soprattutto quelli tedeschi che maggiormente subirono i rigori delle politiche oppressive poste in essere dal nazismo. Accenni sulle loro vicissitudini vengono ripetutamente fatti in libri che trattano la storia dei campi, soprattutto da un punto di vista memorialistico, ma fino ad oggi, se si fa eccezione per alcuni titoli usciti in lingua francese ed inglese, ben poco è stato scritto in materia. A titolo di sintesi si consigliano, per la loro qualità e analiticità, due opere: la prima è quella in lingua francese di Guy Canonici, Les témoins de Jéhovah face à Hitler, Albin Michel Editore, Paris 1998. Si tratta di una riflessione ricchissima di testimonianze, spunti di comprensione e organizzata con metodo e rigore. Articolata in sei capitoli densi e robusti (I. L’hitlerismo e il nazismo: una visione mistica e messianica del mondo; II. Cristiani di fronte a Hitler; III. La lotta: il braccio e il verbo; IV. La distruzione delle famiglie; V. Il coraggio di denunciare; VI. L’espiazione), senza nulla togliere al rispetto dei parametri scientifici d’indagine sui fenomeni storici, è vivacemente protesa a descrivere le concrete condizioni in cui si realizzarono le pratiche persecutorie del regime hitleriano, intervallando analisi documentali a voci testimoniali. La simpatia che l’autore esprime verso quelle che considera “vittime dimenticate” non offusca le qualità del giudizio, sereno e, al contempo, scevro da mistificazioni o infingimenti di sorta. La ricostruzione della vicenda dei Bibelforscher, operata coniugando una quantità di dati notevolissima a un livello raffinato di interpretazione, assume così i connotati di una storia della quale il lettore si appropria, pagina dopo pagina. Come in una indagine di polizia dove, traccia su traccia, si ricostruiscono i trascorsi di una storia altrimenti destinata all’oblio, si viene progressivamente avvinti dalla narrazione del passato. Chiudendo il libro si ha l’impressione di aver fatto un percorso nella memoria collettiva di una parte di Europa che esisteva e della quale, frequentemente, non si ha cognizione. Testo comunque impegnativo poiché redatto secondo i parametri della ricerca scientifica, tuttavia non ne preserva il tedio che spesso, invece, a tale genere di trattazioni si accompagna, soprattutto per parte del lettore non attrezzato ad un certo genere di studi.
Il
secondo lavoro sul quale vale la pena di soffermarsi è l’opera a più
mani
intitolata Persecution and
Resistance of
Jehovah’s Witnesses During the Nazi-Regime, 1933-1945,
curato da Hans
Hesse per la Temmen Edizioni, Brema 2001 (al sito http://www.edition-temmen.com).
E’
l’edizione in lingua inglese di un’opera già precedentemente
pubblicata in
tedesco e si divide in due parti: una sezione completamente dedicata
allo studio
dei testimoni di Geova in Germania e un’altra impegnata ad inquadrare
le forme
odierne della comunicazione e della socializzazione della memoria
delle
persecuzioni. Prodotto di un impegno collettivo, raccoglie le idee e
le opinioni
di più studiosi e ricercatori, di diversa estrazione culturale e
formazione
intellettuale. Ricchissima e ben organizzata la bibliografia –
senz’altro la
migliore per quanto concerne la lingua tedesca – ed ampio il
repertorio di
questioni prese in esame, anche in misura critica. Si può dire che è
un primo
tentativo di qualificare e quantificare sia il fenomeno persecutorio
che,
soprattutto, la composizione – sociale, culturale ed economica – dei
testimoni di Geova sui quali si esercitò. Poiché, in questo come in
tutti gli
altri casi, non basta nominare l’evento per avere chiaro il disegno ad
esso
sotteso: bisogna sempre indagare sulle figure in campo, sulla natura e
la
composizione di coloro che subirono o fecero subire determinati ruoli.
Insomma,
chi erano le vittime e chi i carnefici?
Qual
era il loro profilo sociologico?
Come
si inseriva la campagna contro la minoranza religiosa dei testimoni di
Geova nel
quadro delle attività repressive perseguite dai singoli regimi
totalitari?
Quali ne erano gli antecedenti, nella Repubblica di Weimar e, in certa
misura -
soprattutto nella Repubblica Democratica Tedesca - i conseguenti?
Attori e
scenografie, in altre parole, costituiscono i due poli di riferimento
all’interno dei quali collocare i percorsi dell’oppressione.
L’auspicio è
che questo volume inauguri una fertile attività di riflessione da
articolare su
più piani e in molteplici ambiti nazionale. Perché se è giusto
soffermare la
propria attenzione sulla vicenda dei “triangoli viola”, massima
espressione
di una violenza istituzionalizzata, non va offuscata o distratta
l’attenzione
anche da altri eventi dolorosi, forse meno eclatanti nella loro
portata ma
comunque significativi di che cosa voglia dire appartenere ad un
gruppo o essere
portatori di una identità eccentrica rispetto agli interessi del
potere
dominante, qualunque esso sia. E il pensiero non può non andare,
allora, alle
politiche poste in essere dai regimi a “socialismo reale” o agli
stessi atti
d’intolleranza che anche nei paesi a democrazia liberale o, teocratici
-
nell’Islam contemporaneo - si sono espressi nei confronti di questa
Denominazione religiosa, come di altre. E, segnatamente, nel passato
ma anche
nel presente. A tal guisa si esprime il volume di Shawn Francis
Peters, Judging
Jehovah’s Witnesses: Religious Persecution and the Dawn of the
Rights
Revolution, University Press of Kansas, 2000, interamente
dedicato alla
vicenda dei testimoni di Geova statunitensi durante gli anni quaranta,
vittime
di quelle autorità che li perseguirono penalmente per il loro rifiuto
di
salutare la bandiera e di servire nell’esercito. Determinati nel
tutelare le
loro prerogative di fede e coscienza attraverso il ricorso al Primo
Emendamento
della Costituzione, tra il 1938 e il 1946 essi ingaggiarono una lunga
e tenace
campagna legale che comportò ben ventitré ordinanze della Corte
Suprema. Shawn
ha ricostruito il complesso e tortuoso percorso che contraddistinse la
querelle
tra la Congregazione ed i poteri pubblici, ponendo in rilievo come
tale vicenda
concernesse non solo la sfera d’azione e di decisione dei membri di un
gruppo
religioso ma la ben più ampia e corposa questione dell’attivazione e
della
fruizione dei diritti sanciti dalla Costituzione per parte di tutti i
cittadini
americani. Il contrasto
tra le
organizzazioni che si contrapponevano al culto, a partire
dall’American Legion,
e i membri dello stesso è ricostruito anche dall’angolo prospettico
degli
effetti sulle esistenze private dei singoli. Attraverso un’opera di
ricerca e
spoglio in archivi pubblici e privati, Shawn ha così esaminato le
strategie di
azione e reazione dei soggetti coinvolti nella diatriba, segnalando
come
l’azione dei testimoni di Geova concorse ad inaugurare la lunga
stagione
del movimento dei diritti civili che, a partire dagli anni
cinquanta,
contraddistinse lo sviluppo della società americana.
Sempre
in lingua inglese si segnalano i lavori di Christine Elisabeth King, The
Nazi State and the New Religions: Five Case Studies in
Non-Conformity, Edwin
Mellen Press, 1983 e il suo saggio intitolato Jehovah’s
Witnesses
Under Nazism, nel volume collettaneo a cura di Michael
Berenbaum, A
Mosaic of Victims: Non-Jews Persecuted and Murdered by the Nazis,
New York
University Press, New York 1992. Qualche spunto può derivare dalla
lettura di
John S. Conway, The Nazi
Persecution of
the Churches 1933-1945, Regent College Publishing, New
York 1997 mentre l’United
States Holocaust Memorial Museum (al sito www.ushmm.org)
ha editato nel 1995 l’opuscolo Jehovah’s
Witnesses:
Victims of the Nazi Era 1993-1945, Washington,
reperibile al sito
www.triangoloviola.it. Sul piano
memorialistico è d’interesse il lavoro di
Ina R. Friedman, The Other
victims:
First-Person Stories of Non-Jews Persecuted by the Nazis, Houghton
Mifflin
Co., Boston 1995 che raccoglie le testimonianze delle violenze contro
i non
ebrei, inserendole all’interno della cornice storica nella quale
ebbero corso.
Diviso in sezioni, ognuna includente una breve descrizione tematica e
il
racconto a viva voce di un protagonista, si propone, passo dopo passo,
come
l’affresco di un fenomeno collettivo, vissuto sul piano inclinato
delle
dinamiche intercorrenti tra violenza di stato e distruzione delle
diversità
socioculturali. Di significativo valore testimoniale è infine il libro
di
Simone Arnold Liebster, Facing the Lion: Memoirs of a Young
Girl in Nazi
Europe, Grammaton Press, 2000.
Il
CETJAD (Cercle Européen des Témoins de Jéhovah Anciens Déportés et
Internés,
agli indirizzi web http://membres.lycos/bibelforscher/),
organismo
che ha come obiettivo quello di “conservare
la
memoria dei cristiani testimoni di Geova oppressi, perseguitati e
internati
dal regime nazista in ragione del loro
ideale
religioso e della loro fedeltà a Dio” ha pubblicato la Mémoire de Témoins 1933-1945, Boulogne-Billancourt, 1995.
In
lingua italiana sono quattro i testi integralmente impegnati
nell’analisi del
fenomeno persecutorio: Matteo Pierro, Fra
martirio e resistenza, Editrice
Actac, Como 2002; l’edizione italiana del volume di Silvie Graffard e
Leo
Tristan, I Bibelforscher e il nazismo,
Editions Tiresias-Michel Reynaud,
1994; l’opera collettanea su Minoranze coscienza e dovere della
memoria,
Jovene Editore, Napoli 2001 ed infine la ricerca di Andrea Filippini
su I
Bibelforscher e il nazismo. Obiettori di coscienza per motivi
religiosi,
Editrice Italica, Pescara 2002. Si tratta di libri dal valore
diseguale e con
obiettivi diversi. Sono significativi soprattutto poiché esprimono
un’esigenza comune, avvertita in maniera particolarmente vivace in
questi
ultimi anni (non a caso sono stati tutti pubblicati in questi ultimi
tempi):
quella di raccontare le vicissitudini di chi non ha ancora trovato un
uditorio
disposto ad accoglierne la narrazione. Sono “testimonianza di più
testimonianze”: raccontando il passato cercano di segnalare le
difficoltà al
presente di una comunicazione che ancora corre su binari vincolati,
includendo
di diritto certuni ma escludendo altri.
Più
puntuali dal punto di vista delle metodologie adottate i saggi di
Giorgio Rochat
su Regime fascista e Chiese evangeliche. Direttive e
articolazioni del
controllo e della repressione, Claudiana Editrice, Torino
1990, pagg.
275-301, e Paolo Piccioli, I testimoni
di Geova durante il regime fascista
in
Studi Storici, n° 1-2000, pagg. 192-228.
e. Come inquadrare la questione della natura dell’atteggiamento dei testimoni di Geova durante il nazismo e il fascismo
Un problema aperto, al quale non è facile dare risposta – e su cui senz’altro si avrà modo di tornare in futuro, con qualche altra riga di commento – è quello della definizione da dare all’atteggiamento assunto da questa Denominazione cristiana durante le persecuzioni e l’oppressione esercitata dal nazismo e dal fascismo.
Assunto
come dato incontrovertibile il fatto che esso si qualificò come resistenza,
trattandosi di una forma, non importa quando organizzata ed auto o
eterodiretta,
di opposizione alle scelte poste in essere dai sistemi politici
illiberali e
totalitari, necessita dar di conto della natura di tale ispirazione,
tradottasi,
nel corso del tempo, in una serie di condotte chiaramente connotate da
una
impostazione avversa agli stessi. Questione per l’appunto di difficile
inquadramento poiché entrano in gioco alcuni fattori tra cui:
-
l’astensione da qualsivoglia gesto o atteggiamento di
ispirazione politica e la conclamata neutralità della
Congregazione
rispetto ai regimi politici vigenti;
-
la vocazione, dottrinale ma anche e soprattutto morale
e
spirituale, nei confronti del disegno divino e della parola biblica,
che però
non impedisce la cura per le cose della terra, ovvero per l’insieme
dei fatti
e degli atti ottemperati i quali il comportamento del cristiano è
qualificato
come congruente allo spirito della fede professata (in altri termini,
l’ortoprassi).
Se quindi si può senz’altro parlare di astensione politica non la
stessa
affermazione può essere avanzata sul piano della socialità e della
socializzazione. Semmai vale, in questo secondo caso, l’indicazione
esattamente opposta, trattandosi - la fede dei testimoni di Geova - di
un regime
interiore che si estrinseca attraverso comportamenti pubblici e,
pertanto, di
elevata risonanza sociale. Quindi, all’astensione politica si
accompagna
l’interventismo sociale.
Riguardo al primo passaggio il problema è di capire dove si consuma il punto di separazione tra l’estraneità e l’intervento, dove cioè si esaurisce la possibilità di esercitare un benign neglect (una “benigna trascuratezza”) verso gli ordinamenti secolari, imponendosi per via delle circostanze l’assunzione di atteggiamenti, quantomeno passivi, che ostano le volontà e le prassi di dominio esercitate da chi detiene il potere.
La neutralità, peraltro, non può essere vissuta come indifferenza. Ne fa fede la storia stessa dei testimoni di Geova, laddove il confronto con regimi politici non propensi a garantirne lo spazio di sopravvivenza si è tradotto in più di un’occasione in una collisione. La rigida separazione, quindi, viene così meno dal momento in cui si stabilisce una reciprocità concorrenziale, dove in gioco è, per la Congregazione, la sua esistenza stessa.
Resistenza, pertanto, si ha ogniqualvolta la Denominazione ha esercitato una scelta orientata in tal senso, motivandola secondo i criteri che le erano proprie e praticandola fino alle sue estreme conseguenze. Questo vale per la storia che è in nostro oggetto ma anche per altre vicende e vicissitudini, a partire dalla impossibile coabitazione con le autorità dei sistemi a “socialismo reale” dell’Est, tra il 1945 e il 1989.
Come già si è affermato, si avrà comunque modo di tornare su questo punto nodale. A titolo di semplice richiamo bibliografico, e per avviare una tematizzazione del problema, si rimanda al testo di Jacques Semelin, Senz’armi di fronte ad Hitler, Sonda Editore, Torino 1993. Non vi è trattata nello specifico la questione del comportamento dei testimoni di Geova ma si affronta di petto l’aspetto, frequentemente sottaciuto, delle molteplici e diffusissime forme di resistenza civile e spirituale al nazismo. Repertorio delle infinite possibilità di riaffermare le ragioni della vita di contro alle politiche di morte, il libro prende in esame, tra le altre, anche le diverse forme di non cooperazione che furono proprie del comportamento oppositivo della Congregazione, soprattutto tra coloro che, internati nei lager, a rischio della propria vita, si astennero dal seguire gli ordini e dall’aderire a certe forme di precettistica imposte dalla direzione dei campi. Un richiamo d’obbligo, a tale riguardo, è alla testimonianza di Margarete Buber Neumann che nella sua autobiografia, Prigioniera di Stalin e di Hitler, il Mulino, Bologna 1994, rimembra più episodi di tal genere; ma anche la Germane Tillion di Ravensbrueck, Parigi 1988 e Lidia Beccaria Rolfi, insieme a Anna Maria Bruzzone, con Le donne di Ravensbrueck, Einaudi, Torino 1978. Non è un caso che le testimonianze si addensino su questo ultimo campo, dove la presenza di donne appartenenti alla Denominazione cristiana era particolarmente corposa.
Di più recente redazione è la voce curata da Anna Bravo, Resistenza civile, per il primo volume del Dizionario della Resistenza editato da Einaudi (Torino, 2001). Anche qui difettano i rimandi storici specifici all’insieme di vicende che pertengono alla riflessione sui Bibelforscher ma è ben ricostruito il quadro concettuale e tematico all’interno del quale va dipanata la complessa matassa dei comportamenti di cui ci stiamo occupando.
Concludendo, ma solo parzialmente, ci pare di potere affermare che la radice intima della Resistenza dei testimoni di Geova va ricerca in tre direzioni:
1. fu rifiuto civile - corroborato da fatti specifici e gesti precisi – poiché condiviso insieme ad altre categorie di persone, a gruppi sociali e culturali come a singoli individui accomunati tutti da una rigorosa adesione al principio dell’azione nonviolenta. A partire da questa premessa, malgrado la inusitata violenza che caratterizzò i regimi del “totalitarismo reale”, ci si adoperò per preservare aree franche, di libero pensiero, scevre dall’occupazione ideologica e culturale operata dal nazismo, dal fascismo e dallo stesso stalinismo;
2. fu opposizione morale, poiché si sviluppò nel solco di una condotta testimoniale, eccedente il carattere stesso di religiosità della propria vocazione e proiettata verso la costruzione di un orizzonte di significati etici condivisibili anche per parte di chi non era membro della Denominazione ma affrontava la medesima situazione di estrema coercizione. In questo caso l’adesione tra condotta concreta e moralità interiore testimoniò della praticabilità, in quei luoghi dell’estremo che erano i lager, di una virtù mediana, quella della solidarietà. In un contesto dove la dimensione del rispetto reciproco era completamente cancellata, la religiosità rispondeva soprattutto all’imperativo di considerare i propri compagni di sventura per ciò che erano, degli esseri umani dotati di una dignità propria;
3. fu resistenza spirituale nella misura in cui preservò, attraverso la testimonianza intesa come modo di essere, esperienza di vita, non solo un’identità di fede ma l’idea stessa che potesse esistere un credo diverso, antitetico a quello professato dal regime dominante il cui obiettivo manifesto, quello di fagocitare le intelligenze, precedeva, ma solo di poco, l’intenzione di usare gli uomini e le donne come carne da cannone, così come di fatto avvenne con il secondo conflitto mondiale.
Su quest’ordine di problemi si vedano le opere di Bruno Bettelheim ed in particolare Il cuore vigile, Adelphi Editore, Milano 1988. Con le sincere e amare riflessioni di questo grande autore (psicoanalista, deportato nei campi egli stesso) aperte a considerazioni inusuali ma ispirate da un acume fuori dal comune, si può idealmente chiudere il cerchio bibliografico che abbiamo aperto
Claudio Vercelli
Claudio Vercelli, storico e pubblicista, è ricercatore presso l’Istituto di studi storici Salvemini di Torino dove coordina il progetto di ricerca e formazione sugli “Usi della storia, usi della memoria”.
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