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Citazioni
dal libro |
E l'autobiografia della
Buber Neumann relativa agli anni 1937-1945 e racconta della sua esperienza nei
campi di "rieducazione" sovietici e nel lager tedesco di Ravensbrück.
Il libro prende le mosse dall'improvviso arresto a Mosca del marito Heinz,
dirigente comunista e dai mesi che l'autrice conduce prima di essere a sua volta
arrestata e condannata a cinque anni di lavori forzati nel campo di Karaganda.
La parte più drammatica del libro riguarda però i cinque anni trascorsi a Ravensbrück, dove fu rinchiusa dopo che l'Unione Sovietica la cedette alla
Gestapo. Nella sezione dedicata a Ravensbrück ha gran parte la storia
dell'amicizia con Milena Jesenka, la giornalista ceca amica di Kafka. La parte
finale è dedicata al ritorno dopo la liberazione dal lager. Per qualche tempo fu anziana di blocco, cioè responsabile di un
blocco o baracche di altre prigioniere. La maggioranza delle
detenute del suo blocco erano testimoni di Geova (Studenti
Biblici)..
La sua è una delle poche testimonianze che consentano di aprire un varco nella
spessa dimenticanza che si è costruita sulla persecuzione nazista degli
"studenti biblici", o testimoni di Geova.
"Ogni nuova arrivata in un campo di
concentramento attraversa un terribile periodo in cui viene
scossa nella fibra stessa, indipendentemente dalla robustezza del
suo fisico e dalla saldezza dei suoi nervi. E le sofferenze delle
nuove arrivate a Ravensbrück peggioravano di anno in anno, e di
conseguenza fra loro si registrava il più alto tasso di mortalità.
A seconda del carattere, potevano volerci settimane, mesi o
addirittura anni prima che una prigioniera si rassegnasse alla
sua sorte e si adattasse alla vita del campo. È in questo
periodo che il carattere dell'individuo cambia. Gradualmente
l'interesse per il mondo esterno e per gli altri prigionieri si
spegne.
Penso che non ci sia nulla di più demoralizzante della
sofferenza, una straziante sofferenza aggravata dall'umiliazione
che affligge uomini e donne nei campi di concentramento. Quando
le SS colpivano, guai a reagire. Quando le SS angariavano e
insultavano, si doveva tenere la bocca chiusa senza minimamente
ribattere. Si perdevano tutti i diritti umani, tutti, senza
alcuna eccezione. Si era solo miseri esseri contraddistinti da un
numero.
Non mi riferisco a quelle prigioniere che occupavano qualche
posto di responsabilità e che erano in grado di maltrattare chi
era loro soggetto. Mi riferisco alle comuni prigioniere. Se
sembrava che una avesse ricevuto un tantino di cibo in più, un
pezzo di pane leggermente più grande, una porzione di margarina
o di salsiccia un po' più abbondante, immediatamente scoppiavano
odiose scene di ira e rancore.
Dal momento in cui ruzzolavamo giù dalle nostre cuccette fino al
momento in cui ci allineavamo all'esterno per l'appello c'erano
tre quarti d'ora di tempo per lavarsi, vestirsi, pulire gli
armadietti e fare "colazione". Anche nelle migliori
circostanze questa non sarebbe stata impresa facile, ma pensate
cosa significava in una baracca con cento altre donne che
correvano tutte a destra e a sinistra cercando di fare la stessa
cosa. L'atmosfera era tesa e volavano insulti e parolacce.
[Questa
è una descrizione parziale della vita dell'autrice a Ravensbrück.
In seguito fu nominata anziana del Blocco 3, che all'epoca
ospitava le appartenenti al gruppo degli Studenti Biblici].
Quel pomeriggio presi servizio al Blocco 3. L'atmosfera era molto
diversa. Il luogo era silenzioso e odorava di detersivo,
disinfettante e zuppa di cavoli. Duecentosettanta donne sedevano
intorno ai tavoli. Appena entrai nella stanza, una donna alta e
bionda si alzò, mi guidò al mio posto e mi offrì una ciotola
di zuppa di cavoli. Non sapevo proprio cosa fare.
Ovunque guardassi attorno ai tavoli, vedevo gli stessi visi
modesti e sorridenti. Avevano tutte i capelli raccolti dietro in
una crocchia e sedevano in perfetto ordine, mangiando come se
fossero state tutte sincronizzate. La maggioranza sembravano
contadine, e i loro volti scarni erano abbronzati e raggrinziti
dal sole e dal vento. Molte di loro erano in prigione o in campo
di concentramento già da diversi anni.
C'erano 275 prigioniere, tutte del gruppo degli Studenti Biblici.
Erano detenute modello e conoscevano a menadito le norme e i
regolamenti del campo, che seguivano alla lettera. Ogni
armadietto era esattamente identico agli altri ed erano tutti un
modello di pulizia e di ordine. Tutti gli asciugamani erano
appesi agli armadietti esattamente nello stesso ordine; ogni
ciotola, tazza, piatto, ecc. era pulito e lucidato. Gli sgabelli
erano immacolati e sempre accatastati con ordine quando non
venivano usati. La polvere era tolta da ogni angolo, persino
dalle travi della baracca (la nostra non aveva soffitto e sopra
di noi c'era direttamente il tetto). Mi fu riferito che alcuni
sorveglianti delle SS andavano in giro in guanti bianchi e
passavano il dito sulle traverse e sulla parte superiore degli
armadietti, e si arrampicavano perfino sui tavoli per vedere se
c'era polvere sulle travi.
I servizi igienici e i bagni erano ugualmente puliti. Ma il
massimo dell'ordine e della pulizia era costituito dai dormitori,
ciascuno con 140 letti. Qui i letti erano qualcosa di
straordinario . . . tutte le coperte erano scrupolosamente
ripiegate nello stesso modo e con le stesse dimensioni, tutte
poggiate sui letti esattamente alla stessa maniera. In ogni
cuccetta c'era un cartellino col nome e il numero della
prigioniera che vi dormiva, e sulla porta c'era un prospetto ben
disegnato del dormitorio che indicava esattamente chi dormiva in
ogni cuccetta, così che chiunque effettuava un'ispezione poteva
sapere subito dove si trovava ciascuna persona.
Quando ero anziana del blocco delle asociali tutto il giorno
dovevo sbrigare qualche incombenza o ero turbata da qualche nuova
paura. Con le detenute del gruppo degli Studenti Biblici la mia
vita trascorreva più tranquillamente. Tutto funzionava con la
precisione di un orologio. Al mattino, mentre tutte erano intente
a sbrigare le faccende prima dell'appello, nessuna parlava ad
alta voce. Negli altri blocchi le anziane dovevano gridare a
squarciagola per poter far uscire le detenute e farle mettere in
fila, ma qui tutto procedeva in silenzio e senza bisogno che
dicessi una parola. Lo stesso avveniva per tutto il resto: la
distribuzione del cibo, spegnere le luci, e tutto ciò che
costituiva la giornata delle prigioniere.
Il mio desiderio principale con le detenute del gruppo degli
Studenti Biblici era quello di rendere la loro vita la più
tollerabile possibile e schivare i cavilli dell'SS capoblocco.
Nel Blocco 3 non si verificavano mai furti. Nessuno mentiva e non
c'erano maldicenze. Ciascuna donna non solo era molto
coscienziosa personalmente, ma si sentiva responsabile del
benessere dell'intero gruppo. Non ero lì da molto quando si
resero conto che ero loro amica.
Una volta stabilito questo rapporto d'amicizia e acquistata
fiducia che nessuna di loro mi avrebbe mai tradita, potei fare
molto per loro. Per esempio, con ogni sorta di scuse ed
espedienti, risparmiavo alle prigioniere più anziane e
fisicamente deboli di stare in piedi per ore all'appello. Non
avrei potuto farlo con le asociali, perché quelle più in grado
di resistere alla fatica mi avrebbero denunciato alle SS,
risentite perché qualcun'altra era stata favorita.
A Ravensbrück le appartenenti agli Studenti Biblici erano
l'unico blocco omogeneo di prigioniere. Quando per la prima volta
mi recai al Blocco 3 avevo solo un'idea molto vaga delle loro
convinzioni religiose e del perché Hitler li detestasse.
Detestare è un termine moderato per descrivere ciò che provava
verso di loro; li accusava di essere nemici dello Stato e li
perseguitava senza pietà.
Non passò molto prima che capissero che difficilmente mi
avrebbero convertito, ma continuarono a mostrarsi benevole nei
miei confronti e non cessarono mai di sperare che un giorno avrei
"visto la luce". Per quanto potei capire, credevano che
l'intera umanità, fatta eccezione per i testimoni di Geova,
sarebbe stata presto gettata nelle tenebre eterne alla fine del
mondo. Il Bene avrebbe alla fine trionfato sul Male. Nazione non
avrebbe alzato più la spada contro nazione, il leopardo sarebbe
stato vicino al capretto, e la vacca e il giovane leone e
l'animale da ingrasso avrebbero pascolato insieme. Nessuno
avrebbe fatto danno o causato distruzione in tutto il Suo monte
santo. Non ci sarebbe più stata la morte e tutti i superstiti
sarebbero vissuti per sempre nella felicità.
Questa semplice e soddisfacente credenza diede loro forza,
rendendole capaci di sopportare i lunghi anni di internamento nei
campi di concentramento e ogni trattamento indegno, ogni
umiliazione, e ciò nonostante conservare la loro dignità umana.
Fu data loro occasione di dimostrare, e lo dimostrarono, che la
morte non le terrorizzava. Potevano morire per le loro
convinzioni senza indietreggiare.
Prendevano sul serio il Sesto Comandamento e di conseguenza si
opponevano energicamente a tutte le guerre e a ogni forma di
servizio militare. La loro fermezza sotto questo aspetto costò
la vita a molti Testimoni di sesso maschile. Anche le donne della
setta si rifiutavano di svolgere qualsiasi lavoro che a loro
avviso contribuiva a perpetuare lo sforzo bellico.
Il loro senso del dovere e il loro senso di responsabilità erano
incrollabili; esse erano operose, oneste e ubbidienti. Le
Testimoni erano, per così dire, "prigioniere volontarie",
perché tutto ciò che dovevano fare per essere immediatamente
liberate era firmare uno speciale modulo preparato per gli
Studenti Biblici, che diceva: "Dichiaro con la presente che
da oggi in poi non mi considero più uno Studente Biblico e che
non farò nulla per promuovere gli interessi dell'Associazione
Internazionale degli Studenti Biblici".
Prima che diventassi anziana del loro blocco, avevano sofferto
molto perché [la famigerata ex anziana del blocco] Kaethe Knoll
aveva fatto il possibile per impedire loro di parlare di
religione l'una con l'altra. Impedire completamente loro di
parlarne e di scambiarsi gli appunti - cioè di "studiare la
Bibbia" - era una specie di tortura cinese, e Kaethe Knoll
l'aveva praticata con uno zelo perverso.
Dopo un certo tempo che ero anziana del blocco scoprii che i miei
"vermi della Bibbia", com'erano chiamate [le Testimoni]
nel campo, possedevano Bibbie e pubblicazioni degli Studenti
Biblici. Avevano cominciato a introdurle nascondendole in secchi
e stracci per le pulizie e in modi analoghi quando rientravano
dal lavoro. Quando lo scoprii, suggerii che sarebbe stato meno
pericoloso nasconderle in qualche posto della baracca, e il
suggerimento fu accolto con entusiasmo. Dopo ciò nel blocco lo
studio della Bibbia proseguì piuttosto apertamente di sera e di
domenica. Quando andavano a letto, prima che le sorveglianti
delle SS facessero il giro con i cani, cantavano sottovoce i loro
inni religiosi. Io avevo il compito di avvertirle subito degli
eventuali pericoli perché potessero nascondere le loro
pubblicazioni proibite.
Il rischio che correvo non era piccolo. Ero anziana del blocco e
responsabile di tutto ciò che vi succedeva. Fu l'"età
d'oro" della mia vita nel campo di concentramento - il dopo
Armaghedon, per così dire - ma ancora oggi non capisco come io
abbia potuto farla franca, nonostante le continue ispezioni
dirette da quel bruto di Koegel, senza finire nel blocco di
punizione o nei bunker.
Ma facevo un gioco ancora più pericoloso. Quando una prigioniera
si ammalava, doveva farne rapporto tramite me alla guardia medica.
La prova critica era il termometro. A seconda della temperatura
che indicava, l'ammalata veniva mandata all'infermeria, riceveva
il permesso di svolgere qualche lavoro interno o veniva
spietatamente mandata a compiere le sue consuete fatiche. Fra le
"Testimoni" c'erano diverse donne anziane che, pur non
avendo la febbre, erano così deboli da non poter assolutamente lavorare. L'unico modo per risparmiarle e concedere loro di tanto
in tanto un giorno di riposo era che fornissi informazioni false
sul numero delle detenute che formavano le squadre. E questo è
quanto facevo. Non oso pensare cosa mi sarebbe potuto capitare se
il trucco fosse stato scoperto. La cosa era resa ancora più
difficile dal fatto che noi eravamo il blocco d'ispezione [le baracche che
venivano mostrate agli ufficiali nazisti in visita. Ecco come
l'autrice descrive una di queste visite che avvenivano senza
preavviso]:
Facevo rapporto col dovuto tono da subalterna:
"Anziana di blocco Margarete Buber, n. 4.208; faccio
ubbidientemente rapporto del Blocco 3 occupato da 275
appartenenti agli Studenti Biblici e da tre politiche, di cui 260
sono al lavoro, otto svolgono mansioni nella baracca e sette
hanno il permesso di fare lavori interni".
Koegel mi fissava con i suoi occhi azzurri, le guance ben rasate
e contratte e poi emetteva qualche grugnito. A questo punto
procedevo con la normale ispezione, aprendo una porta dopo
l'altra e i primi tre armadietti. Mentre ci avvicinavamo alle
prigioniere legittimamente presenti, gridavo con durezza: "Achtung!",
al che saltavano tutte in piedi come fantocci a molla. Tutti i
visitatori, uomini o donne, SA, SS o che altro, restavano
invariabilmente colpiti dalla lucentezza dei recipienti di latta
e di alluminio. Koegel di solito era l'unico che rivolgeva
domande alle prigioniere: "Perché sei stata arrestata?"
Puntualmente la risposta era: "Perché sono testimone di
Geova". Le domande finivano qui, perché Koegel sapeva per
esperienza che questi incorreggibili Studenti Biblici non si
lasciavano mai sfuggire un'opportunità per dare dimostrazione [del
fatto che erano testimoni]. Dopo ciò i visitatori davano un
occhiata al dormitorio e immancabilmente esprimevano ad alta voce
la loro meraviglia per l'impeccabile ordine che vi regnava.
Quantunque Frau Langefeld, soprintendente anziana delle SS,
favorisse e proteggesse le Testimoni, una delle sorveglianti più
influenti, una certa Zimmer, le considerava le sue "bestie
nere". Frau Zimmer non era mai soddisfatta di nulla; per lei
non andava bene nemmeno il letto rifatto nella maniera più
impeccabile, e non si lasciava mai sfuggire l'occasione per
insultare e maltrattare le Testimoni.
[Per
turbare la pace e l'unità cristiana delle Testimoni, le autorità
misero nel blocco circa 100 asociali].
Fu come se i lupi fossero penetrati nell'ovile. Denunce, accuse e
risse divennero parte integrante della nostra vita quotidiana. Le
asociali cominciarono immediatamente a denunciare le "Testimoni"
accusandole di studiare la Bibbia e di parlare di religione;
rubavano tutto ciò su cui riuscivano a mettere le mani e,
sentendosi rappresentanti dell'autorità, si comportavano di
solito in maniera assolutamente aggressiva e provocatoria. Che
tristezza provavo! Ma devo dire che le mie "Testimoni"
mi vennero in aiuto nelle difficoltà e mi sostennero in ogni
modo possibile. Grazie a loro riuscimmo a resistere per sei mesi
- tanto durò il flagello - senza gravi problemi.
Feci del mio meglio per isolare le attaccabrighe. Tenevo le
"Testimoni" in tavoli separati affinché potessero
parlare fra di loro durante i pasti senza il pericolo di denunce,
e di notte mettevo le asociali nelle cuccette più alte e le
"Testimoni" in quelle di sotto. Tuttavia, secondo
quanto trapelò, le autorità - dietro istigazione di Frau Zimmer
- avevano reclutato tutte le detenute del campo affette da
incontinenza notturna, e ogni notte pioveva sulle povere
innocenti delle cuccette di sotto.
Un giorno la nostra vecchia nemica, Frau Zimmer, venne a
controllare il suo capolavoro. Immediatamente si accorse che
avevo separato le pecore dai capri e si voltò adirata verso di
me.
"Non crederai che io sia cieca", dichiarò. "So
perfettamente che nascondi e proteggi queste [Testimoni]. Guai a
te se separi i vermi della Bibbia dalle asociali, hai capito?"
Dovetti ubbidire e rimetterle insieme, sperando in bene. Fu a
questo punto che intervenne Geova. Le detenute del gruppo degli
Studenti Biblici accolsero le asociali come sorelle che non
vedevano da tanto: Avevano fame? Certo! Gradivano un pezzo di
pane extra? Senz'altro! E così via. Osservavo con sconcerto
questa carità cristiana all'opera, ma funzionò. Le asociali
furono ammansite dalla benignità e dalla cordialità, dopo di
che iniziò una campagna per mostrare loro la luce. In un breve
periodo di tempo diverse asociali - una zingara, una polacca,
un'ebrea e una politica - si presentarono all'ufficio delle SS
dichiarando che da allora in poi desideravano essere considerate
testimoni di Geova e chiedendo il triangolo lilla da cucire sulla
manica. Quando la faccenda prese una brutta piega, le SS si
scatenarono contro le convertite e le cacciarono fuori. Alla fine
le SS non ne poterono più e tolsero le asociali dal nostro
blocco, così che vi tornò la pace. Tirai un sospiro di
sollievo, e le "Testimoni" tennero una riunione di
preghiera per ringraziare Geova."
[Il libro è molto
interessante. Segue un altra citazione].
Le 'testimoni di Geova ' o ' studiose della Bibbia ' come si autodefinivano, erano le uniche prigioniere di Ravensbrück a formare una comunità di fede compatta. La fede conferiva loro una forza inesauribile e negli anni della loro permanenza nel campo dimostrarono tutte di affrontare impavide la morte e di saper sopportare in nome di Geova prove inaudite senza dare cenni di cedimento. Non era stata la fede nella fine del mondo a rendere i Testimoni di Geova invisi al terzo Reich, bensì la convinzione che ogni organizzazione statale fosse opera del Diavolo. Le mie compagne traevano dalla Bibbia la profezia che il regime nazista coronasse il regno demoniaco della fine dei tempi. Rifiutavano di eseguire qualsiasi attività a sostegno della guerra. Per essere immediatamente rilasciate sarebbe stato sufficiente presentarsi alla capo-sorvegliante e firmare una dichiarazione con la quale abiuravano la loro fede. Nessuna abiura avrebbe salvato gli ebrei o gli zingari, che venivano eliminati in quanto tali...Attenendosi al comandamento biblico di 'Non uccidere', i Testimoni di Geova erano di conseguenza obiettori di coscienza, una scelta che era costata la vita a molti dei loro confratelli.... In un certo senso le Testimoni di Geova si potevano ritenere delle 'prigioniere volontarie'. Infatti per essere immediatamente rilasciate sarebbe stato sufficiente presentarsi dalla caposorvegliante e firmare una dichiarazione con la quale abiuravano la loro fede" Op. Cit. (pp. 212, 223-224)
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