Triangolo Viola - Il sito


Articoli di giornali
Vittime dimenticate tratto da 'Corriere delle Alpi' del 17/3/02
Lo stermino dimenticato dei Testimoni di Geova tratto da 'Varese news' del 9/4/02
L’Olocausto dei Testimoni di Geova tratto da 'Il giornale di Vicenza' del 2/2/02
La persecuzione dei Testimoni di Geova sotto due dittature tratto da 'Puglia Net'
Triangoli viola: vittime da non dimenticare tratto da 'Asti contemporanea n.8'

 


 

 

 CORTINA CADORE (17 marzo 2002)

 


Roberto Granzotto

«Vittime dimenticate»
Serata sui Testimoni di Geova nei lager

PIEVE. «Con una semplice firma, sarebbero potuti uscire dai campi di concentramento nazisti, invece nessuno ha firmato e molti di loro hanno trascorso in questi luoghi anche 12 anni, pur di non tradire la loro fede». Stiamo parlando dei Testimoni di Geova, i quasi sconosciuti "triangoli viola" dei quali venerdì sera nella sala pubblica di Tai, è stata presentata la storia di sacrifici.
«Devo confessare», ha spiegato il sindaco di Pieve, Granzotto, «che nonostante abbia seguito da vicino gli avvenimenti di quel periodo e raccolto molte testimonianze, della storia dei Testimoni di Geova conoscevo ben poco». Organizzata dai Testimoni di Geova del Cadore, la serata di Tai ha visto una partecipazione tanto numerosa da stupire gli stessi organizzatori. Gli oltre cento spettatori presenti hanno ascoltato con attenzione la prolusione del presidente dell'Associazione ex Internati e deportati di Vittorio Veneto e delegato dell'Onu, Giovanni Mariot, e la testimonianza del pittore di Erto, Jor Maso, anch'esso un ex internato. Con altrettanta attenzione il pubblico ha seguito il documentario «I testimoni di Geova, saldi di fronte all'attacco nazista», che racconta come dal 1934 il nazismo abbia prima tenuto sotto pressione e poi internato nei campi di concentramento l'intera comunità religiosa tedesca.
Un riconoscimento del sacrificio di questa comunità è venuto anche dallo storico Alberto Giacobbi, che ha portato il saluto dell'Associazione nazionale ex internati di Pieve: «L'autoritarismo, il totalitarismo, il razzismo, il genocidio di massa sono termini che ci riconducono ad un tragico ed inquietante passato, i cui rigurgiti esplodono in tutta la loro virulenza attraverso scenari apocalittici anche di recente memoria. L'olocausto e i triangoli viola, con i quali venivano distinti i Testimoni di Geova, altro non sono che uno spaccato della storia moderna, nel corso della quale si consumarono gli atti più devastanti e raccapriccianti che la memoria dell'uomo ricordi». Ciò che più ha stupito il mondo, è la constatazione che questa comunità, pur non professando la violenza, ed anzi praticando l'obiezione di coscienza, è stata per i nazisti come una spina nel fianco. «Pur scrupolosi nell'osservare le leggi», ha detto Cristiano Cressoni nell'introduzione della proiezione, i Testimoni non prendevano parte alle questioni politiche e soprattutto alle guerre. Dal loro credo religioso discendevano una serie di comportamenti che si scontravano con l'ideologia totalizzante del nazismo: il rifiuto di imbracciare le armi e di lavorare per l'industria bellica, il rifiuto di idolatrare Hitler o la svastica, nonché l'imparzialità con cui diffondevano il messaggio evangelico. Tutto ciò ha convinto il regime che l'unico modo di liberarsi di loro era l'internamento». (v.d.)
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Carnago -  Una serata e una mostra dedicate al tema dello sterminio della congregazione religiosa

Lo stermino dimenticato dei Testimoni di Geova


I Testimoni di Geova furono i primi appartenenti ad un'associazione religiosa ad essere perseguitati nella Germania nazista. Ancor prima delle deportazioni di massa, all'inizio degli anni Trenta, i Testimoni furono additati dai nazisti tra le categorie da emarginare e perseguitare.  Le ragioni di questo accanimento sono da ricercare nella loro caparbia opposizione al regime totalitario. Venivano, infatti, percepiti come pericolosi dal Terzo Reich perché erano fermi nelle loro convinzioni morali ed etiche, perché non prendevano parte alle questioni politiche e alle guerre. I Testimoni rifiutavano di imbracciare le armi e di lavorare per l’industria bellica, non idolatravano il führer e tantomeno la svastica, non aderivano al partito nazista e, soprattutto, non facevano distinzioni tra etnie e razze. Il loro comportamento, osservante del precetto religioso, si scontrava, dunque, con l’ideologia totalizzante del nazismo, che invece richiedeva la cieca ubbidienza e l'acritica accettazione di un sistema folle. La loro presenza nei campi di sterminio è documentabile sin dal 1934 e si distingueva dagli altri gruppi di deportati per un triangolo viola. Quando i nazisti salirono al potere nel 1933, i circa 25 mila Testimoni tedeschi furono subito presi di mira, di questi almeno 10mila vennero deportati nei lager, dove 2mila di loro trovarono la morte. A molti genitori Testimoni fu tolta la potestà dei propri figli. Nella sola Germania circa 500 bambini, furono separati dai loro genitori per essere rinchiusi nei centri di rieducazione nazista o affidati a genitori nazisti.  Ai "Triangoli Viola" sarebbe bastato una lettera di abiura della propria fede, per ottenere la libertà, cosa che nella stragrande maggioranza essi non fecero. Una serata (con inizio alle ore 21), dedicata al tema dello sterminio dei Testimoni di Geova durante il nazismo,  è prevista per venerdì 1 marzo presso la Sala delle Associazioni di via Castiglioni a Carnago.  Durante la serata sarà proiettato il film documentario "I testimoni di Geova, saldi di fronte all'attacco nazista". Oltre alla proiezione, dal 1 al 4 marzo, è prevista una mostra fotografica sulla loro deportazione. Ritorna su



Questa sera nella sala “Marzottini” verrà proiettato un documentario sull’immane tragedia L’Olocausto dei Testimoni di Geova «La mostra ha destato grandissimo interesse, anche delle scuole»

(g. d.) Il ciclo dedicato alla "Giornata della memoria", in ricordo dell’Olocausto, propone per oggi alle 20, nella sala "Marzottini" in via Gaetano Marzotto, la proiezione di un documentario su quella tragedia. Il filmato riporta la testimonianza di migliaia di ex deportati, Testimoni di Geova, e le interviste a dieci storici che hanno studiato la loro persecuzione durante il nazismo.
«Il contenuto del documentario - spiegano i curatori - è di elevato valore culturale e non ha alcun carattere dottrinale o confessionale. Presenta un ampio repertorio di documentazione storica, la cui visione non può fare altro che promuovere il rispetto e la tolleranza, nonché servire di monito per le future generazioni affinché non si ripetano le vergognose atrocità compiute dal regime nazista».
Tanto valore ha questo documentario da essere stato proiettato, il 9 novembre 1999, nella Sala del Cenacolo della Camera dei deputati, alla presenza di parlamentari, studiosi, ex deportati. Nella Galleria dei Nani, intanto, prosegue fino a domani la mostra fotografica-documentaria, patrocinata dal Comune, "I triangoli viola". L’apertura è dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19.30. Ogni minoranza etnica era stata bollata con un marchio d’infamia, un simbolo di stoffa e un colore. I Testimoni di Geova, appunto con un triangolo viola.
«Tanti i visitatori, non ci aspettavamo un numero così alto - spiega Claudio Sala, del gruppo valdagnese dei Testimoni di Geova -. Molti non sapevano né di questo marchio né degli altri. C’è chi ha chiesto perché la mostra evidenziava il coinvolgimento dei Testimoni di Geova, diverse persone pensavano che all’Olocausto fossero legati solamente gli ebrei».
«Sono arrivate tante famiglie e con figli al seguito. Poi anche la media di Novale, un istituto superiore e una scuola elementare. Ci sono arrivate tante richieste per avere copia della videocassetta diffusa alla mostra».
Oggi verrà allestito nuovamente in piazza lo stand per dare ulteriore pubblicizzazione alla "Giornata della memoria".
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''La persecuzione dei Testimoni di Geova sotto due dittature''
Mostra fotografica in programma dal 3 al 12 aprile presso la Galleria Teatro Curci a Barletta. Vedi le foto

E’ iniziata mercoledì 3 aprile, e sarà aperta fino a venerdì 12, la mostra fotografica che la Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova di Barletta, con il patrocinio dell’amministrazione comunale di Barletta, ha allestito presso la Galleria del Teatro Curci.

I pannelli della mostra accompagnano il visitatore narrando la storia di questo coraggioso gruppo, che a motivo della propria incrollabile fedeltà  alla Parola di Dio la Bibbia, non ha sostenuto in alcun modo la dittatura nazista e comunista, e per questo ha subito indicibili sofferenze.

 

Viene documentato l’intera persecuzione dei bibelfoscher (così erano chiamati i Testimoni di Geova sotto il dominio nazista) , dalle prime misure repressive alla deportazione nei campi di concentramento. Nessuno era risparmiato da queste persecuzioni, nella mostra si potranno leggere e vedere foto di:

ü       bambini strappati dai loro genitori e costretti a subire amare umiliazioni nell’ambiente scolastico a  motivo delle loro convinzioni religiose;

ü       donne deportate nei campi, duramente maltrattate perché rifiutavano qualsiasi appoggio al nazismo, anche se questo significava solo effettuare lavori di cucito per gli approvigionamenti invernali delle forze armate;

ü       uomini decapitati o fucilati a motivo del loro rifiuto di imbracciare le armi e di collaborare con l’esercito nazista

 

Oltre a queste toccanti esperienze, sono  illustrati alcuni documenti di questo triste periodo:

ü       i libri biblici dei testimoni di Geova ridotti alla grandezza di una scatola di fiammiferi, nel periodo in cui l’opera era clandestina in Germania;

ü       le lettere che i condannati a morte scrivevano alle loro famiglie;

ü       i contrassegni che i nazisti usavano per distinguere i Testimoni di Geova all’interno dei campi, e riservare loro un trattamento ancora più spietato;

ü       le dichiarazioni di abiura, in cui con una semplice firma e ripudiando la propria fede, i testimoni avrebbero potuto ottenere la libertà.

 

La mostra perciò si propone di aiutare la popolazione a farsi un’opinione imparziale sui fatti di quel triste periodo. L’ingresso è libero e si svolge nei seguenti orari:

ore 10.30-13.00 e 18.00-21.00 (festivi: ore 18.00-21.30) Ritorna su



da "Asti contemporanea" n.8

Triangoli viola: vittime da non dimenticare
Alberto Bertone

Fonte in internet: http://www.israt.it/israt/pubblicazioni/asti8/Bertone.rtf 

alla pagina: http://www.israt.it/israt/at8.htm

Cortesia dell 'Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea di Asti.

Asti Cintemporanea n.8

Remigio Cuminetti e August Dickmann probabilmente non si conobbero mai, anche se le loro brevi esistenze si sovrapposero per almeno ventinove anni fra il 1910 e il 1939. Il primo nacque nel 1890 a Piscina, nei pressi di Pinerolo, in provincia di Torino, e morì in un ospedale del capoluogo piemontese nel 1939, a quarantanove anni. Il secondo nacque in Germania nel 1910 e morì anch’egli nel 1939 nel campo di concentramento di Sachsenhausen, a soli ventinove anni. Oltre all'anno della loro scomparsa, i due uomini avevano diverse cose in comune. Furono entrambi, fino alla loro morte, obiettori di coscienza. Remigio Cuminetti si era proclamato tale nel 1915, durante la prima guerra mondiale, rischiando la fucilazione e scontando poi anni di carcere e di manicomio. Il suo divenne il primo caso documentato d’obiezione di coscienza dell’Italia moderna1. August Dickmann fu fucilato per obiezione di coscienza agli inizi della seconda guerra mondiale. Fu il primo obiettore «giustiziato» dai nazisti. Entrambi appartenevano al gruppo degli Studenti Biblici Internazionali, in lingua tedesca Bibelforscher: il movimento religioso che nel 1931 assunse poi il nome di Testimoni di Geova.

Perseguitati e dimenticati dalla storia


Remigio Cuminetti e August Dickmann hanno tuttora una cosa in comune: giacciono fra i dimenticati dalla storia. Come loro, i quattrocento compagni di prigionia di August, a Sachsenhausen, cento dei quali morirono per maltrattamenti, fame e sfinimento nel rigido inverno del 1939.
Ancor oggi molti non sanno che i testimoni di Geova conobbero la ferocia dei lager e la spietata persecuzione nazista. Dei ventimila Testimoni in Germania nel 1933, alla salita di Hitler al potere, diecimila soffrirono nelle prigioni e nei campi nazisti. Duemila vi trovarono la morte, fra i quali oltre duecento alla maniera di August Dickmann: fucilati, appesi ad un capestro o decapitati. Ottocentosessanta bambini furono sottratti ai genitori, nel tentativo di «rieducarli» al nazismo. Oltre duemilacinquecento dipendenti o imprenditori persero il lavoro o l’attività; ad oltre ottocento pensionati fu revocata la pensione. Ancor meno noto è che lo scioglimento, o la messa al bando, dell’Associazione Internazionale degli Studenti Biblici in Sassonia avvenne nell’aprile 1933, e che da quello stesso anno iniziarono gli arresti e le deportazioni dei suoi membri. Per la cronaca, la deportazione degli ebrei avvenne solo dal novembre del 1938. 

Arresti, condanne e deportazioni sotto il regime fascista


 Nel nostro paese, il numero relativamente ridotto di testimoni di Geova sul territorio nazionale negli anni del fascismo, ha contribuito a rendere la loro persecuzione ancor più anonima. I cento/centocinquanta Testimoni italiani dell'epoca furono, in ogni modo, oggetto d’indagini e d’azioni repressive da parte dell’OVRA. Dopo la circolare Bocchini del 22 agosto 1939, nel giro di qualche settimana circa trecento persone furono interrogate, inclusi individui «colpevoli» solo di ricevere la rivista La Torre di Guardia in abbonamento. Circa centocinquanta, fra uomini e donne, furono arrestati e confinati.

Ci sono le prove che Mussolini seguiva personalmente la repressione del proselitismo, soprattutto per quanto riguarda i testimoni di Geova. Su diverse proposte d’assegnazione al confino, e d’altra natura punitiva, era stampigliata la frase: «Presi gli ordini da S.E. il Capo del Governo», o «Presi gli ordini dal Duce», con la sigla del capo della polizia Bocchini, segno d’approvazione della proposta.2

Nel 1940 ventisei Testimoni, ritenuti i maggiori promotori dell’attività clandestina, furono deferiti al Tribunale Speciale che comminò loro condanne per un totale di quasi centonovant’anni complessivi di carcere. L’accusa: aver diffuso, letto e commentato ad altri pubblicazioni bibliche che, secondo gli inquirenti, offendevano la dignità del duce, del re, del papa e di Hitler3. Fra le tre donne condannate dal Tribunale Speciale: Albina Protti, vedova di Remigio Cuminetti deceduto l’anno prima. 

Nel 1925 la prima assemblea degli Studenti Biblici in Italia si era tenuta mascherata da festa nuziale all’albergo «Corona Grossa» di Pinerolo, per eludere la sorveglianza della polizia fascista. L’occasione era stata il matrimonio proprio fra Remigio ed Albina Cuminetti. 

Fra i ventisei condannati dal Tribunale Speciale vi fu anche Salvatore Doria il quale con Narciso Riet, arrestato più tardi, costituiscono i due casi di deportazione al momento noti in Italia. Riet morì a Dachau, poco prima della liberazione del campo; Doria ritornò da Mauthausen gravemente menomato nel fisico e nello spirito4.

 Il triangolo viola 


Ben più gravi furono le azioni persecutorie contro i Testimoni nella Germania nazista, come già si è detto. Le motivazioni erano essenzialmente: l’obiezione di coscienza, l’attività di proselitismo e il rifiuto del saluto hitleriano, Heil Hitler!, disconoscimento di salvezza emanante da Hitler.

A riguardo dell’obiezione di coscienza, i testimoni di Geova non si limitavano al rifiuto delle dirette attività belliche. Remigio Cuminetti, avrebbe potuto evitare la chiamata alle armi continuando a lavorare come operaio specializzato in una fabbrica di Villar Perosa; ma quando l’industria fu militarizzata e gli operai furono assimilati a militari, egli si licenziò. Chiamato alle armi, dovette sopportare le conseguenze del suo rifiuto5. Nel campo di concentramento femminile di Ravensbrück le prigioniere testimoni di Geova allevano conigli d’angora. Ad un certo punto smisero di farlo: quando vennero a sapere che «il pelo dei conigli veniva utilizzato per scopi bellici»6. Probabilmente come parte di un equipaggiamento militare.

I Bibelforscher erano nei campi l’unico gruppo religioso identificabile da un distintivo cucito sull’uniforme carceraria: un triangolo di stoffa color viola. I distintivi nei campi erano di molteplici colori, atti ad identificare diverse categorie di prigionieri: rosso i politici, marrone gli zingari, rosa gli omosessuali, verde i delinquenti comuni, azzurro gli apolidi; una stella gialla, costituita da due triangoli incrociati, identificava gli ebrei. Le categorie, a loro volta, rimandavano alle ragioni dello sterminio cui erano destinate. Per alcune categorie tali ragioni erano d’ordine puramente etnico e l’appartenente non aveva scampo: zingari ed ebrei. Ideologiche le ragioni per i politici. Per i testimoni di Geova la motivazione era esclusivamente religiosa.

Coerenza e rigore morale


Solo ai Testimoni era offerta la possibilità di firmare un’abiura: un documento con il quale il prigioniero dichiarava di rinnegare la propria fede in cambio della libertà. L’eventuale firma dell’abiura avrebbe distrutto moralmente l'individuo. Sconfitto nella fede, ucciso nello spirito, il Testimone non sarebbe più stato un pericolo per lo stato nazista. A quel punto, non era neppure più necessario sopprimerlo fisicamente. Contro i Bibelforscher i nazisti avevano intrapreso una vera e propria guerra di religione. Pochissimi detenuti scelsero la libertà fisica in cambio della morte spirituale.

Le SS riconoscevano ai Testimoni il rigore morale e la coerenza. La dimostrazione era data del fatto che, nei campi, gli unici cui osassero affidare il rasoio da barbiere erano proprio questi ultimi, certi che non lo avrebbero mai usato in modo improprio contro i loro aguzzini.

Ha scritto di recente Giorgio Bouchard: 

 

Il risultato storico di queste scelte è impressionante: mentre i ministri delle «grandi chiese» (luterana e cattolica) marciavano disciplinatamente a fianco delle truppe tedesche fino a Stalingrado, i testimoni di Geova morivano a centinaia nelle prigioni e nei lager, come martiri della libertà di coscienza. Ed è questa caratteristica che andrà loro al più presto riconosciuta: essi sono stati dei martiri cristiani. Certo, le altre chiese hanno avuto delle figure di martiri d’una statura straordinaria (penso a Dietrich Bonhoeffer e a Massimiliano Kolbe): ma nessuna chiesa ha mai versato un tributo di sangue proporzionalmente così alto come hanno fatto i testimoni di Geova7.

Denunciarono le atrocità


 Nel 1938, allorché ebbe inizio la programmata deportazione degli ebrei, i Testimoni prigionieri nei campi si resero conto che era stato avviato uno sterminio di massa. Le notizie si diffusero all’esterno e la letteratura dei Testimoni cominciò a denunciare apertamente le atrocità dei campi. L’otto ottobre di quell’anno in un memorabile discorso pronunciato a New York, diffuso da sessanta emittenti radiofoniche, Hitler fu esecrato come rappresentante del Diavolo e la persecuzione degli ebrei fu denunciata senza mezzi termini. Lo storico torinese Lucio Monaco ha definito questo atto «La condanna teologica del nazismo», che altre denominazioni cristiane non osarono pronunciare. 

In anni successivi, attraverso le riviste «The Golden Age» e «Consolation» (ora «Svegliatevi!»), si pubblicarono notizie circa l'esistenza di campi di concentramento per le donne, lo sterminio di sessantamila ebrei polacchi e la sistematica eliminazione di greci, polacchi e serbi.

Noti personaggi incontrarono i testimoni di Geova nei campi. Fra i deportati italiani ricordiamo Vincenzo Pappalettera, Giovanni Melodia, Lidia Beccaria Riolfi, Primo Levi, Italo Tibaldi che li menzionarono nei loro scritti successivi8. Per tutti, una citazione da I sommersi e i salvati:

 

Non solo nei momenti cruciali delle selezioni o dei bombardamenti aerei, ma anche nella macina della vita quotidiana, i credenti vivevano meglio. […] Non aveva alcuna importanza quale fosse il loro credo, religioso o politico. Sacerdoti cattolici o riformati, rabbini delle varie ortodossie, sionisti militanti, marxisti ingenui o evoluti, Testimoni di Geova, erano accomunati dalla forza salvifica della loro fede. Il loro universo era più vasto del nostro, più esteso nello spazio e nel tempo, soprattutto più comprensibile: avevano una chiave ed un punto d’appoggio, un domani millenario per cui poteva avere un senso sacrificarsi, un luogo in cielo o in terra in cui la giustizia e la misericordia avevano vinto, o avrebbero vinto in un avvenire forse lontano ma certo.9 

Iniziative per non dimenticare


 Ad oltre cinquanta anni di distanza, c’è parso opportuno rendere omaggio alle vittime della persecuzione nazista delle minoranze religiose attraverso alcune iniziative atte a conservarne la memoria storica: il documentario I Testimoni di Geova, saldi di fronte all’attacco nazista, realizzato nel Museo dell’Olocausto di Washington e presentato in prima mondiale il 6 novembre del 1996 nel museo di Ravensbrück, contenente testimonianze di sopravvissuti e storici contemporanei. Inoltre, la mostra Triangoli viola. Vittime dimenticate? che, attraverso una quarantina di pannelli contenenti centinaia di documenti, ripercorre la cronistoria della persecuzione nazista dei testimoni di Geova, fra il 1933 e il 1945.

Lo scopo di tali iniziative è esclusivamente quello di apportare un contributo alla storia, senza accusare o richiedere risarcimenti; rendere omaggio alla memoria dei Triangoli viola, vittime che non devono essere dimenticate.

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[1] Le periferie della memoria. Profili di testimoni di pace, ANPIA Torino,  Movimento nonviolento, Verona 1999, pp. 56-63.

[2] P. Piccioli, I testimoni di Geova durante il regime fascista, in «Studi storici», n 1, 2000, pp. 215- 216.

[3] G. Rochat, Regime fascista e chiese evangeliche. Direttive e articolazioni del controllo e della repressione,     Torino, Claudiana, 1990, p. 295.

[4] F. Cereja (a cura di), Religiosi nei lager. Dachau e l’esperienza italiana, Consiglio regionale del Piemonte, Aned, Milano, Franco Angeli, 1999, pp. 205-206.

[5] Le periferie della memoria, cit., p. 57.

[6] M. Buber-Neumann, Prigioniera di Stalin e Hitler, Bologna, Il Mulino, 1994, pp. 252-253.

[7] G. Bouchard, . I martiri dimenticati: i testimoni di Geova nel fuoco della persecuzione nazista, in Minoranze coscienza e dovere della memoria, Napoli, Jovene, 2001, pp. 181-185.

[8] V. Pappalettera, Tu passerai per il camino, Milano, CDE, 1985, pp. 201, 282. G. Melodia, Di là da quel cancello. I vivi e i morti nel lager di Dachau, Milano, Mursia, 1988, pp. 26, 124, 147. L. Rolfi Beccaria, A.M. Bruzzone, Le donne di Ravensbrüch. Testimonianze di deportate politiche italiane, Torino, Einaudi,  1978, pp. XI, 14-17, 66; I. Tibaldi, Il dovere della memoria in Minoranze coscienza e dovere, cit., pp. 181-185.

[9] P. Levi, I sommersi e i salvati, Torino, Einaudi, 1993, p. 118          

 

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