- Le " vittime dimenticate " del regime nazista -

FRANKFURTER ALLGEMEINE ZEITUNG Venerdì 16 giugno 2000,n° 138, pag. 51
Traduzione dell’articolo:

I TESTIMONI DI GEOVA FURONO FRA LE VITTIME

    Circa l’articolo di Gina Thomas “Che cosa è rimasto dell’annientamento” (Frankfurter Allgemeine Zeitung, appendice del 7 giugno): come ospite dell’inaugurazione della “Holocaust Exibition” [mostra dell’Olocausto] londinese ho constatato che i responsabili, al contrario dell’autrice, non hanno ignorato un importante gruppo di vittime: i testimoni di Geova, allora chiamati anche “Studenti Biblici”. Oltre a ebrei, polacchi, zingari sinti e rom, inabili, prigionieri di guerra sovietici e omosessuali fra le vittime del regime nazista, i britannici indicano, senza pregiudizi, anche i testimoni di Geova come perseguitati per motivi religiosi. Robert O’Neill, direttore dell’ Imperial War Museum, li ha menzionati alla presenza della regina e del principe Filippo nel discorso d’inaugurazione. Anche nel catalogo della mostra sono menzionati come perseguitati.

    Una delle testimoni sopravvissute che hanno rilasciato interviste davanti alle telecamere è stata Magdalena Reuter, che da giovane testimone di Geova fu internata dai nazisti nel campo di concentramento femminile di Ravensbrück. I suoi genitori soffrirono lunghi anni di detenzione, tre suoi fratelli i riformatori, due fratelli la pena di morte come obiettori di coscienza. Fra le testimonianze della mostra londinese spicca l’affettuosa lettera che la testimone di Geova Elise Alber da Gemmringheim, detenuta del campo di concentramento numero 16744, scrisse ai suoi figlioletti: “Vi saluto e vi bacio caramente, miei diletti bambini… Non preoccupatevi di me. Io sto bene e ho vigore…” Sul retro del messaggio il timbro obbligatorio delle SS: “Il detenuto resta ostinatamente studente biblico e si rifiuta di abbandonare l’eresia degli Studenti Biblici. Per questo motivo gli si vieta solamente di esprimersi spontaneamente nella normale corrispondenza”. La madre sopravvisse.

    Le SS contrassegnarono questo gruppo, che si mostrò particolarmente refrattario, col “triangolo viola”. Il distintivo destò l’attenzione del principe Filippo, quando io gli consegnai l’opuscolo “Triangoli viola, vittime dimenticate del regime nazista”. Egli chiese di spiegargli i motivi della persecuzione, e rispondendo alla sua domanda io e il mio collega abbiamo fatto notare che i testimoni di Geova non furono disposti a sottomettersi a Hitler. La conseguenza: Oltre 10.000 “Testimoni” tedeschi subirono perdite; persero posti di lavoro, abitazioni, pensioni, figli, e subirono la prigionia. Quasi 2.000 membri della loro comunità religiosa persero la vita. Circa 300 furono giustiziati.

    Nell’aprile del 1993 l’americano Holocaust Memorial Museum [museo memoriale dell’Olocausto] a Washington D.C. aprì le sue porte al pubblico, che per la prima volta poté conoscere la storia completa delle “altre vittime” (“the other victims”), anche quella dei testimoni di Geova. Il segnale emesso dall’America non ha mancato di influenzare positivamente la ricerca storica sull’Olocausto. In conferenze sull’Olocausto tenute a Lubecca, Mosca, Gerusalemme o Stoccolma i testimoni di Geova sono stati fra i presenti o fra i relatori. Perfino il Memoriale ebreo conservatore Yad Vashem ha reso noto che il suo nuovo museo annovera anche minoranze religiose come i testimoni di Geova durante il regime nazista. In qualche luogo della Germania c’è ancora bisogno di informarsi sulla storia di questa minoranza religiosa. Tuttavia nella Bassa Sassonia e in Brandeburgo, come anche a Bergen-Belsen e Sachsenhausen i testimoni di Geova sono presi in considerazione come vittime di pari dignità in giornate dedicate alla commemorazione e su targhe commemorative.

Johannes Wrobel, Selters/Taunus


 
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