- Le " vittime dimenticate " del regime nazista -

Punto fondamentale:
Persecuzione dei testimoni di Geova

Testimoni di Geova sotto il nazionalsocialismo

Testimoni di Geova a Ravensbrück

Profilo di Martha Vollbaum

Testimoni di Geova nella Repubblica Federale Tedesca [Germania Ovest]

Testimoni di Geova nella Repubblica Democratica Tedesca [Germania Est]

Memorie dei sopravvissuti

Recensione sul tema

 

“Il dovere di resistere a un’autorità non approvata da Dio è spesso messa sufficientemente in risalto nella Bibbia” 1

 

Un abbozzo della storia della persecuzione dei testimoni di Geova sotto il nazionalsocialismo

 

Fino a pochi anni fa i testimoni di Geova sono stati “un gruppo di vittime dimenticato”. I motivi di questa situazione sono molteplici, come quelli per cui anche Sinti e Rom sono stati discriminati come categoria di donne e uomini “asociali”, e anche per la discriminazione degli omosessuali. Però, nel caso dei testimoni di Geova entra in gioco con assoluta certezza una certa circospezione nei confronti di questa comunità religiosa screditata abilmente come “setta”. A favore di questa minoranza non è intervenuta né interviene alcun gruppo di pressione, ma, al contrario, la ricerca è stata per lo meno ostacolata da pregiudizi emersi dall’attuale discussione su questa comunità religiosa, e non ancora spenti. Quegli storici che si sono occupati della persecuzione nazista dei testimoni di Geova sono stati accusati più o meno apertamente di ‘essersi fatti aggiogare al carro di questa setta’. 2

 

Nel frattempo ‘la tensione — tranne poche eccezioni — si è allentata’. 3  Come nel caso di altre minoranze, questo non è dovuto tanto all’intervento di un gruppo arruolato di ricercatori, ma piuttosto dei rappresentanti delle vittime, vale a dire della Torre di Guardia di Selters. È auspicabile che questi impulsi degli ultimi anni trovino accoglienza nell’ambito dei musei memoriali dei campi di concentramento, ad esempio in forma di rielaborazioni di mostre permanenti o di dedicazioni di mostre singole a questa categoria di prigionieri dei campi.

Quest’esposizione sintetica si concentra sugli inizi della messa al bando e sulle forme di resistenza dei testimoni di Geova.

Con l’ascesa al potere del nazismo all’inizio del 1933 scaturì sia dalle masse politiche nazionaliste che dalla propaganda ecclesiastica una grave minaccia alla sopravvivenza di questa minoranza religiosa. Già solo il suo nome “Associazione Internazionale degli Studenti Biblici” suonava alle nuove autorità come un indizio di organizzazione comunista. Garbe evidenzia in modo molto particolare il ruolo e la complicità delle chiese ufficiali nei loro rapporti con le autorità naziste: “Nella ‘lotta’ contro gli Studenti Biblici c’era una comunanza d’intenti che anche dopo il 30 gennaio 1935 dovette costituire una tessera del mosaico del compromesso”. 4  Questo “accordo fra stato e chiese” 5  sulla messa al bando dei testimoni di Geova trova la sua massima espressione nella motivazione del bando sull’intero territorio del Reich del 1° aprile 1935, in cui si legge che: ”l’Associazione Internazionale degli Studenti Biblici […] eserciti in forma verbale e scritta […] un’inconfondibile attività sovversiva contro le istituzioni statali e religiose”, 6  che mini “alle fondamenta   la vita della collettività” 7  di cui le autorità naziste, fino a quel momento, ritenevano partecipi anche le chiese ufficiali. La costituzione del bando totale avvenne tramite la complicità delle due chiese ufficiali, che così si resero gravemente responsabili delle successive sofferenze delle vittime.

Dapprima furono emessi bandi regionali nell’aprile 1933 in Mecklenburg-Schwerin, Baviera, Sassonia e Assia, con la motivazione di un decreto d’emergenza del 28 febbraio 1933 dopo l’incendio del Reichstag [Parlamento del Reich]. Il 24 aprile seguì una prima occupazione degli uffici principali dei testimoni di Geova a Magdeburgo con la perquisizione degli uffici e della tipografia. L’opera repressiva  del bando proseguì fino a coprire a metà giugno quasi tutte le regioni eccetto la Prussia.

In seguito anche nella Prussia si tentò di trovare una soluzione finale per il “problema Studenti Biblici”. A tal fine fu indetta una riunione per coordinare le forze nel presidio di polizia Berlino il 29 maggio 1933. Il Ministro prussiano della Scienza, dell’Arte e della Cultura popolare convocò rappresentanti del Ministero dell’Interno del Reich, del Ministero della Giustizia prussiano, del Ministero degli Esteri, dei Servizi Segreti della Polizia e dello Stato di Berlino, nonché rappresentanti ecclesiastici dell’Ufficio Arcivescovile di Breslavia, dell’Ufficio Vescovile di Berlino, del Consiglio Superiore della Chiesa Evangelica e della Centrale Apologetica.

Questi partecipanti al convegno rappresentavano le forze più ostili ai testimoni di Geova nella società tedesca. I funzionari lì convenuti, in sintonia con le istituzioni da loro rappresentate, accomunarono le loro obiezioni di carattere politico, giuridico, sociale e religioso sui testimoni di Geova ed elaborarono un iter procedurale finalizzato alla messa al bando dei testimoni di Geova. Il 24 giugno 1933 il Ministro prussiano degli Interni emanò il bando dell’Associazione religiosa. Nonostante le scarse probabilità di successo, la rappresentanza tedesca dei testimoni di Geova fece un ultimo tentativo per impedire il dissolvimento della loro comunità religiosa.

In un congresso di delegati tenuto in un palazzo dello sport di Berlino-Wilmersdorf i partecipanti adottarono una dichiarazione, che fu poi mandata al Cancelliere e alle alte autorità del governo.  In questa “Dichiarazione di Wilmersdorf” i testimoni di Geova attestarono la loro lealtà allo stato, sperando così di ottenere la revoca dei bandi. Tuttavia la persecuzione dei membri della loro comunità continuò; il fallimento dei loro tentativi di accomodamento fu comunicato nel congresso di Basilea dal 7 al 9 settembre 1934, al quale presero parte anche circa 1.000 testimoni di Geova venuti dalla Germania. I delegati furono esortati a riprendere senza riserve l’opera missionaria e propagandistica e a iniziare la costituzione di un’organizzazione illegale.

Il bando definitivo su tutto il territorio del Reich ebbe luogo il 1° aprile 1935 per decreto del Ministro degli Interni prussiano del Reich. Un aggravamento dei conflitti si verificò quando molti membri dell’Associazione si astennero dalle votazioni durante le elezioni del Reichstag tenute il 5 marzo 1933. Similmente i testimoni di Geova rifiutarono il culto della persona istituito per Adolf Hitler, deificato “Führer” della Germania, reputandolo un comportamento blasfemo. Anche il cosiddetto saluto tedesco “Heil Hitler” era da loro ritenuto un rinnegamento delle loro convinzioni religiose. I testimoni di Geova analogamente rifiutarono di farsi assorbire nelle numerose organizzazioni di massa naziste, con le quali gli ideologi nazisti volevano pianificare una “comunità nazionale”. Dopo l’entrata in vigore dell’obbligo di leva il 16 marzo 1935, i testimoni di Geova rifiutarono il servizio militare.

A queste molteplici forme di rifiuto i testimoni di Geova fecero seguire, dalla metà del 1936, un attacco aperto allo stato nazionalsocialista, comunque senza usare lo scontro fisico, ma il mezzo a loro familiare, quello scritto.

In un congresso internazionale tenuto a Lucerna nell’autunno 1936, al quale parteciparono anche circa 300 testimoni di Geova venuti dalla Germania, fu adottata una “Risoluzione”, nella quale si denunciava la persecuzione dei testimoni di Geova in Germania e si stigmatizzava Adolf Hitler come il diretto responsabile. Questo documento fu stampato in larga tiratura e mandato a rappresentanti del governo, delle autorità  e delle chiese ufficiali, nonché alla popolazione con campagne di distribuzione pianificate sul territorio del Reich alla fine del 1936 e nella primavera del 1937. Con un’azione analoga compiuta nella prima metà del 1937 i testimoni di Geova distribuirono una dichiarazione  conosciuta sotto il titolo di “Lettera aperta”, che era stata redatta a Berna da testimoni oculari di maltrattamenti fatti a testimoni di Geova di entrambi i sessi.

Avendo i testimoni di Geova col loro atteggiamento di grande rifiuto, il loro pacifismo apertamente divulgato e la distribuzione di scritti antinazionalisti messo in discussione lo stato nazista nei suoi elementi fondamentali, seguirono energiche contromisure nei loro confronti. Nell’estate stessa del 1936 fu costituito all’interno della Gestapo un proprio reparto speciale addestrato alla lotta contro gli “Studenti Biblici” e nell’agosto dello stesso anno furono iniziati arresti in massa. In breve tempo la Gestapo riuscì a frantumare le strutture della resistenza.

Lo scoppio della seconda guerra mondiale causò un ulteriore inasprimento della persecuzione. Quali convinti obiettori di coscienza molti testimoni di Geova furono condannati a morte. Il primo di loro, August Dickmann, fu fucilato il 15 settembre 1939 nel campo di concentramento di Sachsenhausen. 8   A ricordo di questa esecuzione capitale fu eretta solo nel 1999 una targa commemorativa nell’area dell’ex campo di Sachsenhausen.

Dei circa 25.000 membri di questa comunità religiosa circa 10.000 furono sottoposti dai nazisti ai più diversi metodi di persecuzione. Dei 2.600 testimoni di Geova internati nei campi, oltre 1.000 morirono o furono uccisi, fra i quali oltre 250 per lo più per obiezione di coscienza.

 

Hans Hesse

 

1  -  Magdalena Mewes, testimone di Geova internata nel campo di concentramento femminile di Moringen, citata da: Herz, Gabriele, Il campo femminile di Moringen, Destino nel primo periodo del regime nazista, pag. 102, in: Hesse, Hans / Harder, Jürgen, E se dovessi restare fino alla morte in un campo di concentramento… Le testimoni di Geova nei campi femminili di Moringen, Lichtenburg e Ravensbrück, Essen 2001, pag. 83.

2  -  Cfr. con altri autori: Garbe, Detlef, Fra martirio e resistenza. I testimoni di Geova nel “Terzo Reich”, Monaco di Baviera     (quarta edizione) 1999; Hesse, Hans, I più coraggiosi furono sempre i testimoni di Geova, Brema 2001 (seconda edizione); Hesse / Harder 2001.           

Da questa letteratura provengono le essenziali indicazioni usate per questo schizzo; per motivi di spazio si è rinunciato ad un compendio particolareggiato, indicando invece solo citazioni.  

3  -   Ne è un  segno evidente ad esempio l’annuncio di una breve descrizione dei testimoni di Geova nella serie WISSEN [Sapere] dell’editore C.H. Beck Verlag (Garbe, Detlef, I testimoni di Geova – Storia, fede, organizzazione, Monaco di Baviera 2002).  

Sulla somma discriminazione odierna dei testimoni di Geova cfr. autore attuale: Krenzer, Michael, “Non giocare con i sudici bambini” – Rapporto della scuola con minoranze religiose, in: Religione, Stato, Società – Rivista di fedi e ideologie, pubblicata da Gerhard Besier e Hubert Seiwert, Fascicolo 1/2002, pagg. 7-60.   

4  -   Qui citato da: Garbe, Detlef, Fra martirio e resistenza. I testimoni di Geova nel “Terzo Reich”, Monaco di Baviera 1997, pag. 84. 

5  -   Garbe 1997, pag. 96.  

6  -   Qui citato da: Garbe 1997, pag. 100.  

7  -   Idem.

8  -   Da notare qui che Dickmann fu fucilato ‘senza processo’ su ordine di Himmler, comandante delle SS.

 

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Testimoni di Geova detenuti a Ravensbrück

 

A onore e rispetto delle centinaia di donne degli Studenti Biblici sia detto…”

 

“… che i loro cantici religiosi — di domenica pomeriggio — edificavano il cuore e la mente di tutti i detenuti del campo di concentramento”. La poesia di Maria Günzl onora i compagni di prigionia con il  “Triangolo viola”.  1    Al gruppo di prigionieri vittime del nazismo rimaste a lungo “dimenticate” appartiene Gertrud Pötzinger. Come molte donne partecipò all’attività religiosa clandestina dei testimoni di Geova o Studenti Biblici (la comunità religiosa non si fece asservire al culto del Führer né al nazionalsocialismo) e dopo essere stata arrestata, condannata e aver scontato tre anni e mezzo di segregazione cellulare a Breslavia (1938-1941) fu internata nel campo femminile. La mostra dedicata alle “detenute di Ravensbrück” nel Museo Memoriale di Ravensbrück descrive anche la sua storia di sofferenze.  2   Per quanto è stato possibile rilevare statisticamente, nel campo di Ravensbrück furono internati circa 1.100 Studenti Biblici da molte nazioni (oltre 830 donne e 260 uomini), di cui 144 lì o altrove persero la vita.  3    

Le donne, schernite dalle SS con l’epiteto “vermi della Bibbia”, appartennero al primo gruppo di prigionieri trasferiti nel maggio 1939 da Lichtenburg a Ravensbrück: 388 donne degli Studenti Biblici  fra un totale di 974 prigionieri.  4   Già nei campi di Moringen e Lichtenburg le testimoni di Geova rappresentarono il 40% dei detenuti, saltuariamente perfino il 98%!  5    La percentuale dei testimoni di Geova  facenti parte delle forze lavoro di volta in volta costituite nei campi di concentramento ammontò, nel periodo anteguerra, dal 5 al 10%; erano condannati all’ isolamento, a lavorare anche di domenica e senza permesso di scrivere notizie, nella squadra di punizione “fino alla soglia dell’annientamento”  (un condannato)  6    Sia uomini che donne dei testimoni di Geova, ritenuti irriducibili, erano uno “speciale obiettivo dell’odio delle SS”, che infierivano contro di loro “con inconcepibile crudeltà” (Garbe), in misura crescente dopo lo scoppio della guerra.  7    Erna Ludolph narra come il comandante il 19 dicembre 1939 intimò alle testimoni di Geova di fare borse ad uso munizioni per i soldati  ed avendone ricevuto rifiuto, le condannò per settimane ad appelli in piedi, a privazione di luce e di cibo in celle gelide  e sovraffollate.  8  

Dopo questi episodi, le donne, schernite da altri detenuti con l’epiteto di “blocco di punizione”, dovevano compiere il lavoro più duro sotto la neve, come rammenta Rosa Möll: “Come ‘reiette’ del campo, esauste e dimagrite, chiamate ‘colonna cimitero’, simili a scheletri”. 9   Sottoscrivendo l’abiura della propria fede i testimoni di Geova avrebbero potuto essere liberati. Solo pochi fecero quel compromesso. Nel campo era messa a disposizione carta da lettera prestampata con la dicitura “La prigioniera resta un’ostinata testimone di Geova…”. Le SS non abbandonarono la tattica di esporre quelle donne a particolari angherie e bassezze come “gruppo d’ispezione”. Le donne restarono solidali. Tuttavia il modo in cui erano viste le testimoni di Geova da appartenenti ad altri gruppi di prigionieri era ambivalente: si alternava fra il rispetto, l’ammirazione e l’incomprensione, perfino avversione sotto l’aspetto ideologico, come si evince dalla testimonianza dell’atea Margarete Buber-Neumann, l’allora responsabile del gruppo. 10   La situazione dei testimoni di Geova “migliorò” gradualmente solo dal 1942/1943, quando si cominciò a sfruttare la forza lavoro dei detenuti in modo più efficiente. Alti funzionari nazisti assegnarono i testimoni di Geova, alieni da fughe e sabotaggi, a lavori presso famiglie delle SS, strutture di procreazione pianificata (Lebensborn), in squadre di artigiani o fattorie, facendo affidamento sulla diligenza, l’onestà e la competenza di cui avevano dato prova. 11    (Nello stato di detenzione restavano esposti a umiliazioni, privati dei diritti, soggetti all’arbitrio del personale di guardia, carenti di cure ecc.) Nel campo le donne organizzavano letture della Bibbia e scambiavano lettere col campo di Sachsenhausen, fino a che Himmler il 4 maggio 1944 ordinò una perquisizione e la punizione delle “caporione”.  12   Dopo la “evacuazione” del campo nell’aprile 1945 il gruppo internazionale delle testimoni di Geova restò compatto e si aiutarono reciprocamente a sopravvivere.  13   Nella Germania del dopoguerra promossero la ricostituzione delle comunità, ma presto, sotto il regime della Germania Est, tornarono ad essere oggetto di persecuzione e molte, già provate nel fisico, non sopravvissero alle inumane condanne ai lavori forzati. 14   È auspicabile che il ricordo dei prigionieri di Ravensbrück col “triangolo viola” venga conservato anche in future mostre e pubblicazioni. Il Museo del Memoriale di Ravensbrück sarebbe disposto a ospitare una mostra straordinaria. Si sta lavorando al progetto di una mostra.  15  

 

Johannes Wrobel

(Testimoni di Geova, Archivio Storico, 65617 Selters)

 

1  -  Maria Günzl, Conforto nel dolore,  Stoccarda 1976, pag. 19.  

2  -  Brümann-Güdther, Elisabeth/Jacobeit, Sigrid (Ed.), Donne di Ravensbrück. Collezione di documenti della Fondazione Musei dei Memoriali Brandenburghesi, Vol. 4, Brandenburgo 1995, pagg. 60-63. 

3  -  Salvo diversa indicazione, le testimonianze sono supportate da informazioni contenute nell’Archivio Storico dei testimoni di Geova, Selters/Taunus.   

4  -   Philip, Grift: Calendario degli avvenimenti nel campo di concentramento femminile Ravensbrück 1939-1945, Berlino 1999, pag. 27.   

5  -   Harder, Jürgen & Hesse, Hans (Ed.): „E se io dovessi  restare in un campo di concentramento fino alla morte“. Le testimoni di Geova nei campi di Moringen, Lichtenburg e Ravensbrück, Essen 2001, pag. 12.  

6  -   Garbe, Detlef: Fra Martirio e Resistenza. I testimoni di Geova nel “Terzo Reich”, Monaco di Baviera 1999, pag. 403.  

7  -   Garbe 1999 (Nota 6), pag. 407, 412 segg. 

8  -   Documentazione filmata “I testimoni di Geova , saldi di fronte all’attacco nazista, Società Torre di Guardia, 65617 Selters, 78 minuti (Versione scolastica 28 minuti), 1996 (gratuita).  

9  -   Harder/Hesse 2001 (Nota 5), pag. 239.  

10 -  Harder/Hesse 2001 (Nota 5), pagg. 110, 138-140. Buber-Neumann, Margarete: Responsabile del blocco degli Studenti Biblici / Un regno dell’ordine / Ispezione / Martiri moderni, in: Prigioniera di Stalin e Hitler – Un mondo nelle tenebre, Berlino 1997, pagg. 245-267. Cfr. Yonan, Gabriele: Testimoni di Geova -  Vittime di due dittature tedesche 1933-1945, 1949-1989, Berlino 1999, pag. 51 segg.: “Come atea non aveva speciali simpatie per gli Studenti Biblici e i loro motivi religiosi. In taluni passi si percepisce l’intenzione di ridicolizzarli, nel contempo l’incapacità di tracciare paralleli con la passata ideologia comunista. Proprio questo rende la sua testimonianza realistica e autentica”.  

11 -  Cfr. Garbe 1999 (Nota 6), pag.451 segg. Harder/Hesse 2001, (Nota 5), pag. 184 seg. 

12 -  Annuario dei testimoni di Geova 1974, Wiesbaden 1974, pag. 204.  

13 -  Elfriede Löhr, Sopravvissuti del campo di concentramento di Ravensbrück, narra l’aiuto reciproco nella documentazione filmata “Saldi” (Nota 8).

14 -  Dirksen, Hans-Hermann: “Nessuna clemenza per i nemici della nostra repubblica” – La persecuzione dei testimoni di Geova nella zona di occupazione sovietica / Repubblica Democratica Tedesca (Germania Est) 1945-1990, Berlino 2001.  

15 -  Colloquio dell’Autore con la Signora Jacobeit il 16 gennaio 2002 a Berlino.

 

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Martha Vollbaum: “Milioni di persone hanno provato più vicissitudini di me”

 

Un profilo

 

Martha Vollbaum morì dieci giorni prima di compiere il centesimo anno d’età, in seno alla sua famiglia. Per tutto l’arco della sua vita restò costante nella sua fede assoluta in Dio e nell’espletamento dei suoi obblighi verso l’organizzazione dei testimoni di Geova. Sebbene la sua convinzione religiosa fosse stata causa di oltre sette anni di detenzione nelle prigioni e nel campo di concentramento di Ravensbrück, l’aiutò nello stesso tempo a superare e a sopravvivere a questo trauma.

Martha Deierling nacque il 2 aprile 1898 a Bierbergen, un piccolo paese presso Peine. I suoi genitori possedevano un piccolo podere in cui Martha e i suoi fratelli dovettero lavorare in giovane età. Non strettamente osservante, frequentava la chiesa evangelica più per convenienza. Terminati gli studi e dopo la cresima, nel 1912 Martha si fece assumere come “domestica” in un podere nel demanio di Hardegsen. Prima di quel lavoro rifiutò un’assunzione presso il pastore evangelico del paese. Su richiesta dei genitori tornò a casa dopo due anni e mezzo. Martha era aperta alle novità; fu la prima nel paese a farsi la “capigliatura alla maschietta”, e nel tempo libero frequentò delle amiche nei caffè di Hildesheim. Dopo la morte del padre nel 1917, insieme al fratello più anziano si occupò dell’amministrazione del piccolo podere familiare. In questo periodo di tempo conobbe Otto Vollbaum. Nel maggio 1922 si sposarono, sebbene il pastore del paese si fosse rifiutato di tenere una predica per loro. Questo rifiuto del pastore restò profondamente radicato nella coscienza  di Martha Vollbaum. Sensibili alle sue premure, i Vollbaum furono i primi del paese a lasciare la chiesa. Accettando un volantino entrarono in contatto con i testimoni di Geova. Nel 1924 Martha Vollbaum scrisse alla Filiale di Magdeburgo perché voleva far battezzare suo figlio. Dal 1928 in poi, in casa dei Vollbaum si svolsero regolari adunanze degli “Zelanti Studenti Biblici”.

Negli anni che seguirono i Vollbaum si impegnarono sempre più nel ministero aiutando numerose persone ad accettare la verità.

Con l’ascesa al potere dei nazisti nel 1933 cominciarono le prime repressioni. Dopo i processi intentati nel 1934 e 1935 e finiti con assoluzione e pena pecuniaria, i fratelli e le sorelle di fede si strinsero sempre più strettamente fra loro e costituirono una specie di organizzazione clandestina. Martha e Otto Vollbaum tennero adunanze illegali, tenendo in casa un deposito di raccolta di volantini da distribuire. Nel corso di arresti e perquisizioni da parte dei nazisti Martha risultò più punibile del marito.

Nel novembre 1937 Martha e Otto Vollbaum furono catturati nel corso di una massiccia ondata di arresti dei testimoni di Geova. Martha Vollbaum non sarebbe tornata più a casa fino alla fine della guerra. A quel tempo i suoi figli avevano rispettivamente cinque e dodici anni. Condannata a due anni di detenzione, dapprima in carcerazione preventiva ad Hannover, poi nel carcere femminile di Vechta.  Suo marito fu condannato a un anno e mezzo di detenzione, dopo il quale fu rilasciato, avendo sottoscritto una “dichiarazione d’impegno” ad abbandonare completamente la sua fede, mentre Martha, restando salda nella sua fede, fu deportata a Ravensbrück nell’aprile 1940. Nel primo periodo, fino alla fine del 1942, lavorò con altre 28-30 testimoni di Geova nella cucina dei detenuti. Martha rifiutò un successivo trasferimento d’ufficio nella cucina del personale delle SS, nonostante quello fosse ritenuto ‘il migliore posto di lavoro’ del campo di concentramento, perché non voleva coprire le ruberie di alimenti da parte di altri detenuti, pur non volendo stare affatto dalla parte delle SS. Ciò che era apparentemente impossibile accadde: dietro sua richiesta, invece di quel posto, le fu assegnato un’occupazione nello stabilimento di floricoltura sperimentale delle SS fuori dal campo, e questo le dette l’opportunità di partecipare di più alla vita comunitaria delle testimoni di Geova. Alla fine del 1944 Martha fu assegnata ad un orfanotrofio dei figli delle SS ad Oranienburg. Dopo alcune complicazioni giunse a Bierbergen l’8 maggio 1945.

Martha Vollbaum ritiene la sua prigionia una “prova di Dio”, la sua sopravvivenza “volontà di Geova”.  Ciò che le ha dato sempre forza durante la prigionia, è stata l’unità fra le sorelle di fede, che hanno provveduto non solo al nutrimento spirituale, ma anche a quello materiale. Martha è diventata una testimone di Geova convinta e salda nella sua fede.

Poco dopo la liberazione ha provato delle delusioni per ingiustizie fatte a ex prigionieri e rapide carriere di ex nazisti. Sebbene ostacolata da sofferenze fisiche causate dalla prigionia, ha condotto una vita di completa dedizione al ministero religioso ed è, come ha scritto sua nipote, “aperta, ospitale, tollerante e  molto in movimento”.

 

(Questo profilo si basa su un componimento di Heike Vollbaum, una nipote di Martha Vollbaum, che ha scritto la sua tesi di laurea su sua nonna e la sua vita. Cfr. Hesse / Hader, Jürgen: E se dovessi restare in un campo di concentramento fino alla morte… Testimoni di Geova nei campi di concentramento di Moringen, Lichtenburg, Ravensbrück, Essen 2001, pagg. 304-321)

 

Gerhild Vollherbst

 

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Testimoni di Geova nella Repubblica Federale Tedesca [Germania Ovest] – Dimenticati in Occidente

 

“Sebbene una loro parte opponesse al sistema nazionalsocialista un rifiuto offensivo e ideologicamente giustificato, e sebbene il loro radicalismo non trovasse riscontro in nessuna delle due grandi chiese ufficiali della cristianità, queste persone hanno dovuto lottare fino a poco tempo fa per un adeguato riconoscimento delle loro sofferenze e dei loro meriti (…)” (Brigitte Oleschinski).

Nella Germania Occidentale a tutt’oggi la comunità religiosa dei testimoni di Geova non è stata riconosciuta e il loro ambìto stato di “ente di diritto pubblico” è rimasto una questione irrisolta. Il persistente rifiuto del gruppo, definito “setta”, può essere uno dei motivi per cui si è tardato fino agli anni 90 a riconoscere l’inflessibile resistenza dei testimoni di Geova. Di fronte ai paesi esteri si doveva mettere in chiaro che la società della Germania Occidentale doveva prendere le distanze dal nazionalsocialismo, mentre uno dei suoi interessi era quello di riciclare nella società del dopoguerra i responsabili dei settori amministrazione, finanza e armamenti del precedente sistema. Per contro, la riabilitazione dei perseguitati dal nazionalsocialismo non ha mai goduto un’adeguata considerazione.

Inoltre, il prevalente scopo della ricerca della resistenza contro il nazismo da parte di grandi istituzioni, partiti, chiese ufficiali e sindacati fu quello di mettere in evidenza la loro dissociazione dal regime nazista e la loro integrità. Solo a fine anni 70 si fecero notare singoli individui o gruppi privi di grande credibilità. Tuttavia i testimoni di Geova restarono per lo più ancora trascurati. Fino a metà degli anni 60 non fu pubblicato alcun contributo scientifico sulla loro lotta di autoaffermazione contro il nazionalsocialismo. D’altra parte è sorprendente quanto spesso si noti grande rispetto nelle relazioni dei sopravvissuti verso i testimoni di Geova. Dapprima la VVN [Associazione dei perseguitati dal nazismo] cercò d’includere i “camerati Studenti Biblici” nel suo lavoro.

Il primo studio fu pubblicato nel 1965, un altro nel 1969. Una descrizione completa sui testimoni di Geova nel “Terzo Reich” uscì solo nel 1993. Il silenzio mantenuto sulla loro storia dimostra la persistenza di massicci pregiudizi su questo gruppo religioso.

Questo comportamento ha influito in modo particolarmente drammatico sul riconoscimento di indennizzi ai testimoni di Geova. Anche se in linea di principio rientrassero nel § 1 della legge federale sugli indennizzi per i perseguitati per “motivi di fede”, non verrebbe riconosciuto il loro diritto, poiché non sarebbe stata la fede il motivo della condanna, ma il loro rifiuto a svolgere il servizio militare “stabilito per legge”. Una sentenza del tribunale federale del 24 giugno 1964 dichiara che nella loro persecuzione “non fosse ravvisabile un’ingiustizia specificamente nazionalsocialista” e che il rifiuto del servizio militare non avrebbe significato che un testimone di Geova “si fosse opposto alla pretesa di commettere un crimine”. Soltanto nel 1991 il tribunale federale valutò le condanne a morte emesse contro disertori e obiettori di coscienza come “palese ingiustizia”. Fu solo 6 anni dopo, cioè 52 anni dopo la fine del nazionalsocialismo, che obiezione di coscienza, diserzione e disfattismo nei confronti  delle forze armate sono state ritenute punibili, cosa che ha consentito alla fine di riconoscere alle vittime, inclusi i testimoni di Geova, il diritto all’indennizzo.

(Informazioni da: Detlef Garbe, Disinteresse sociale…? Da: I più coraggiosi furono sempre i testimoni di Geova. Persecuzione e resistenza dei testimoni di Geova nel nazionalsocialismo, Hans Hesse (Ed.), Brema 2000 (2), 302-307).

 

Silke Hinder    

 

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Testimoni di Geova nella Repubblica Democratica Tedesca DDR [Germania Est]

Repressione e Resistenza

 

Cinque anni dopo essere stati liberati dal nazionalsocialismo, i testimoni di Geova nella DDR [Germania Est] si trovarono esposti a repressioni e arresti. Nel 1950 la comunità religiosa nella Germania Est fu ufficialmente messa al bando, e a questo seguì un’ondata di arresti. Molti testimoni di Geova dovettero scontare condanne nelle stesse prigioni in  cui erano stati imprigionati sotto il regime nazista. Dai dati attualmente disponibili risulta che circa 250 testimoni di Geova, fra i quali numerosi proclamatori preminenti, scontarono pesanti condanne sia nel periodo nazista che in quello della Germania Est. 51 di loro morirono durante o poco dopo la detenzione. In totale furono condannati a pene detentive circa 4.000 Testimoni, dei quali 15 all’ergastolo. Altri 1.000 scontarono saltuarie pene di carcere preventivo senza regolare processo.

 

Nei primi anni del dopoguerra i testimoni di Geova ripresero la loro attività religiosa. A Magdeburgo il 9 settembre 1945 alla comunità religiosa fu rinnovato il diritto di associazione e alla filiale furono ridati i suoi beni. A motivo della pubblica attività missionaria molto presto i testimoni di Geova si trovarono al centro dell’interesse politico della SMAD [amministrazione militare sovietica in Germania] e delle autorità amministrative della SBZ [zona di occupazione sovietica]. Spesso l’autorizzazione del servizio religioso dipendeva dal “capriccio personale” del comandante locale.

 

Alla fine dell’anno 1948 il segretariato centrale della SED [Partito socialista unitario tedesco] affidò al precursore della Sicurezza dello Stato, il Commissariato K 5, l’incarico di sorvegliare i testimoni di Geova sull’intero territorio della zona di occupazione sovietica. Per l’appunto la provata neutralità politica dei testimoni di Geova dette ai capi della SED il pretesto di schedarli come nemici del socialismo. Nell’autunno 1949 il Politbüro [Comitato centrale del partito comunista russo] mise in atto un piano per contrastare la presunta “propaganda particolarmente raffinata del capitale di monopolio americano”. Seguirono manovre di disgregazione da parte della polizia popolare, combinate a brevi arresti. Una petizione della filiale di Magdeburgo alla più alta autorità statale della Germania Est nel febbraio 1950 rimase senza esito.

 

Il 30 agosto 1950, poco tempo dopo che i testimoni di Geova erano stati messi al bando in Polonia, fu concertata un’ondata di arresti su vasta scala. Nell’intera Germania Est, fra le quattro e le sei del mattino, circa 400 testimoni di Geova preminenti furono arrestati dalla polizia segreta (=sicurezza statale o STASI). Il giorno seguente il ministero degli interni annunciò che i testimoni di Geova erano stati depennati dalla lista delle comunità religiose consentite e pertanto messi al bando.

 

Nessuno dei testimoni di Geova arrestati in quell’azione ha mai visto un pubblico ministero o un giudice penale, tanto meno un difensore; tutte le inchieste erano svolte dai collaboratori del MfS [Ministero della Sicurezza statale=STASI]. Giudice presidente del grande processo a porte aperte davanti alla Corte di cassazione della Germania Est a Berlino fu Hilde Benjamin. Accusati falsamente di spionaggio, istigazione alla guerra e al boicottaggio tutti gli imputati furono condannati a pene dagli otto anni all’ergastolo. La sentenza costituì un precedente legale per centinaia di processi penali nei tribunali della Germania Est. Il bando della comunità religiosa significò anche la perdita del lavoro per i suoi membri non arrestati. Fu anche negato loro il riconoscimento di vittime del fascismo, con conseguente perdita di vitalizio quali ex deportati dei campi di concentramento nazisti.

 

 Tuttavia continuarono la loro attività religiosa in clandestinità. Furono mandati corrieri a Berlino Ovest per procurare riviste come “La Torre di Guardia” e “Svegliatevi!”. Per il controllo e la “disgregazione” della comunità religiosa la STASI infiltrò dei collaboratori fra i testimoni di Geova.

 

Quattro anni dopo l’erezione del muro di Berlino avvenuta nel 1961, che ostacolò ulteriormente l’attività illegale dei testimoni di Geova, le amministrazioni circondariali del MfS 17 arrestarono testimoni di Geova preminenti, fra l’altro a Dresda, Erfurt, Berlino e Halle e li sottoposero a mesi di interrogatori.  Il 25 luglio 1966 iniziò una serie di processi che terminarono con condanne a pene detentive fino a 12 anni. Dopo l’arresto dei membri preminenti la ZOV (“Operazione centralizzata”) costituita dal MfS sotto il nome di copertura “Palude” mise in atto una nuova direttiva finalizzata alla disgregazione di strutture dei testimoni di Geova. Fra l’altro fu costituita una nuova associazione denominata “Responsabilità cristiana” (CV) per dare l’illusione di una propria comunità religiosa dei testimoni di Geova nella Germania Est. La CV fu guidata da ufficiali della STASI.

 

Dal 1967 nessun testimone di Geova fu più condannato da tribunali per la sua attività. A dire il vero, la Germania Est continuò a considerare la predicazione e la distribuzione di riviste dei testimoni di Geova come attività ostili, perseguendole tuttavia d’allora in poi come infrazioni al regolamento.

 

Un altro aspetto della persecuzione dei testimoni di Geova sono le condanne a 20 mesi di detenzione inflitte a obiettori di coscienza da quando fu introdotto l’obbligo di leva nella Germania Est dal 1962 al 1986, anno in cui fu depenalizzato questo reato per motivi di coscienza.

 

Poco tempo prima della svolta politica, il 3 marzo 1990, il governo della Germania Est concesse il riconoscimento ai testimoni di Geova. Da quel momento in poi fu permessa la loro comunità religiosa e la loro attività nella Germania Est.

 

(Riassunto della relazione “I testimoni di Geova nella Germania Est” di Hans-Hermann Dirksen)

 

mh

 

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I sopravvissuti rammentano il tempo della persecuzione 

 

I testimoni di Geova furono i primi ad essere stati messi al bando e perseguitati inesorabilmente dai nazionalsocialisti. Di circa 25.000 testimoni di Geova e loro associati in Germania circa 10.000 furono vittime immediate del nazionalsocialismo dal 1933 al 1945 (escludendo Austria ed Alsazia), con oltre 550 bambini sottratti alla patria potestà. Circa 8.000 testimoni di Geova furono in stato di detenzione, fra i quali 2.600 tedeschi e circa 1.200 “non tedeschi” in campi di concentramento. Da 1.200 a 1.500 persero la vita, 360 con esecuzione capitale. Nella Germania Est già nel 1950 ebbero inizio repressioni ed arresti (cfr. pag. 11).Nei trascorsi 50 anni i testimoni di Geova hanno dato notizia della loro resistenza, motivata da convinzione religiosa, mediante oltre 250 racconti di perseguitati, documentati in maniera apprezzabile fino a 128 lingue in una singola edizione da 22 a 103.000 copie in molte nazioni. In tempi più recenti si sono aggiunte oltre 50 biografie; sono documenti contemporanei consultabili anche dopo la morte dei testimoni diretti. Negli ultimi anni i testimoni di Geova si sono avvalsi maggiormente della cosiddetta Oral History [testimonianza orale] come tecnica di ricerca storica. Ne è una prova il fatto che dal maggio 1998 in poi nella filiale tedesca di Selters sono state realizzate circa 80 interviste filmate con quasi 70 testimoni di Geova. Sono state fatte un totale di oltre 100 ore di registrazioni filmate con colonna sonora. Per alcuni quella fu l’ultima possibilità di lasciare una testimonianza storica, poiché poco tempo dopo morirono. Con la Oral History si sono realizzate dal 1988 dieci documentazioni storiche filmate, fra l’altro anche quella edita dai testimoni di Geova “I testimoni di Geova, saldi di fronte all’attacco nazista”, la cui prima mondiale fu presentata il 6 novembre 1996 nel Museo Memoriale di Ravensbrück. Di questo video è ora disponibile un’edizione di 78 minuti in circa 30 lingue e oltre un milione di copie. Dalla prima del film sono state tenute in Germania oltre 520 manifestazioni imperniate su video, relazioni di storici e personalità della vita pubblica nonché interviste di testimoni viventi. Circa 350 volte le manifestazioni erano corredate da una mostra composta da circa 50 pannelli documentanti fra l’altro la tenace resistenza motivata dalla convinzione religiosa dei numerosi testimoni vissuti sotto il regime nazista. A questa mostra si sono aggiunti 10 pannelli documentanti la repressione usata contro la comunità religiosa nella zona di occupazione sovietica/Germania Est mediante numerose singole testimonianze. Fino all’ottobre 2002 queste manifestazioni sono state visitate da quasi 600.000 persone, di cui oltre 1.100 insegnanti e circa 870 classi scolastiche. Simili manifestazioni sono state tenute con testimoni viventi e storici anche in altre nazioni, come Brasile, Danimarca, Inghilterra, Francia, Islanda, Israele, Italia, Giappone, Norvegia, Austria, Paraguay, Russia, Svezia, Svizzera, Spagna e negli Stati Uniti. Nel frattempo, in tutto il mondo, circa 4,5 milioni di persone hanno visitato la serie di manifestazioni, potendo così conoscere la storia della persecuzione dei testimoni di Geova sotto il regime nazista e sotto il partito socialista unitario tedesco della Germania Est.

 

Wolfram Slupina

 

(Un’ampia descrizione su questo tema con fonti documentarie si trova presso Wolfram Slupina, bilancio della serie di manifestazioni “Saldi” 1996-1999 in Germania, in: Hans Hesse (Ed.), “I più coraggiosi furono sempre i testimoni di Geova”. aaO, 410-419; Perseguitati e quasi dimenticati, aaO., pagg. 318-343; dello stesso “I testimoni di Geova, saldi di fronte all’attacco nazista”, Mostre turistiche e presentazioni filmate, 1996-2000, in: Hans Hesse (Ed.), Persecuzione e resistenza dei testimoni di Geova sotto il regime nazista 1933-1945, Brema 2001, pagg. 356-366; dello stesso, Preservare dall’oblio la conoscenza dei testimoni viventi. Documentazione della persecuzione dei testimoni di Geova sotto il regime nazista e del partito socialista unitario tedesco della Germania Est, in: Gerhard Besier, Clemens Vollnhals (Editori), Repressione e autoaffermazione: I testimoni di Geova sotto il regime nazista  e sotto la dittatura del partito socialista unitario tedesco della Germania Est, Berlino 2002, pagg. 361-374. I dati sulla serie delle manifestazioni sono stati aggiornati nella presente relazione).

 

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Discussione tardiva – Recensione di tre libri sul tema 

 

Per molti anni i testimoni di Geova sono rimasti vittime dimenticate del nazionalsocialismo. Felicemente, negli anni passati sono usciti alcuni libri sulla storia della sofferenza e della persecuzione di questa minoranza religiosa. Come pioniere di questo lavoro di documentazione si distingue lo storico Detlef Garbe. 1 Nel libro che accompagna l’omonima conferenza “Resistenza motivata da convinzione cristiana: testimoni di Geova sotto il nazionalsocialismo” risulta evidente il perché di una tardiva messa in opera. Un motivo essenziale è la ristrettezza di mente della maggior parte della società nei confronti di questa piccola comunità religiosa, che in Germania è stata sempre diffamata come setta, come afferma Hanno Loewy: “I testimoni di Geova e la loro missione restano anche al presente irritanti per gli estranei (…)”. Il libro suddetto contiene vari articoli, fra l’altro un’esposizione sintetica di Detlef Garbe sulla storia della persecuzione e un’altra esposizione sintetica di Sybil Milton, storica presso il United States Holocaust Memorial Museum, [Museo Memoriale dell’Olocausto negli Stati Uniti] che si occupa prevalentemente dello studio delle fonti.

Di particolare interesse, oltre ai saggi storici, è la documentazione di quanto si dice e si discute per costante ristrettezza mentale nei confronti dei testimoni di Geova. Altrettanto fondamentale è la discussione sulla valutazione della resistenza dei testimoni di Geova al nazionalsocialismo. Tutti i relatori si sono trovati d’accordo sul fatto che non fu una resistenza politica. Werner Rudtke, rappresentante della Wachturm Gesellschaft Deutschland, [Società Torre di Guardia di Germania] sottolinea che fu “una resistenza spirituale o religiosa”.

Il libro pubblicato da Hans Hesse nel 2001 “I più coraggiosi sono stati sempre i testimoni di Geova”, contiene articoli sulla persecuzione sotto il nazionalsocialismo e sulla storia dei testimoni di Geova nei campi di concentramento. Detlef Garbe mette in risalto nel suo articolo che nessun’altra comunità religiosa si è opposta  all’imposizione di asservimento al nazionalsocialismo con compattezza e inflessibilità paragonabili a quelle dei testimoni di Geova.  I testimoni di Geova (Associazione Internazionale degli Studenti Biblici) furono la sola comunità ideologica ad essere stata contrassegnata dal 1938 col triangolo viola. Garbe suppone che a questo riguardo il riconoscimento d’indennizzo rispecchi un’ulteriore legittimazione sociale della resistenza, riferita soprattutto al rifiuto dei testimoni di Geova di adempiere il “servizio militare prescritto legalmente”. Solo nel 1997 una delibera del parlamento tedesco ha dato luogo al riconoscimento d’indennizzo per obiezione di coscienza, diserzione e disfattismo nei confronti  delle forze armate.

Ursula Krause-Schmidt illustra la resistenza e la persecuzione delle testimoni di Geova. Portando come esempio il caso di Katharina Thoenes, fa notare come la “educazione ostile allo stato” dei propri figli fosse spesso motivo per internare le testimoni di Geova nei campi di concentramento. Ad esempio, per “ostile allo stato” era inteso il rifiuto del saluto tedesco. Questo ebbe come conseguenza, dal 1937/38, la sottrazione dei figli alla patria potestà.

La monografia di Hans Hesse e Jürgen Harder pubblicata nel 2001 “E se dovessi restare in un campo di concentramento fino alla morte” si occupa esclusivamente di donne dei testimoni di Geova nei campi di concentramento femminili Moringen, Lichtenburg e Ravensbrück.

Le testimoni di Geova furono il gruppo più numeroso di prigioniere nel campo di concentramento femminile di Moringen. Dopo l’abolizione di questo campo (1937/38) molte prigioniere furono trasferite nel campo di Lichtenburg. In un’esposizione sintetica Hesse afferma che dal 1937 la lotta contro i testimoni di Geova avvenne prevalentemente dentro i campi di concentramento. Egli mette anche in evidenza che esisteva un collegamento fra la crescente resistenza e le cosiddette dichiarazioni d’impegno  2 che dovevano essere sottoscritte per essere liberati da un campo di concentramento. Il carattere più generale di questa dichiarazione fu integrato con l‘aggiunta di un ordinamento che prevede una pena per l’attività di testimone di Geova e l’arresto per il mancato abbandono dell’Associazione Internazionale degli Studenti Biblici. Mentre la prima imposizione doveva essere firmata da tutti i prigionieri liberati, diveniva più restrittiva esclusivamente per i testimoni di Geova. Se una donna firmava la dichiarazione d’impegno, doveva nello stesso tempo riconoscere pubblicamente: “La dichiarazione d’impegno appare, prima di questo aspetto impensato, la manifestazione di un comportamento determinato, voluto e conforme all’ideologia nazista”. Dal 24 dicembre 1938 la dichiarazione d’impegno divenne più restrittiva. D’allora in poi ai testimoni di Geova era richiesto non solo di abiurare la loro fede, ma di fare anche denuncia; “(…) persone che si avvicinano a me per propagandare l’eresia degli Studenti Biblici, saranno denunciati da me subitaneamente (…)”. Nel suo libro “Prigioniera di Hitler e Stalin” Margarete Buber-Neumann definisce le testimoni di Geova prigioniere “volontarie”, poiché accettando questo impegno avrebbero avuto la possibilità di essere liberate dal campo di concentramento. Però questa dichiarazione d’impegno richiedeva la rinuncia a tutte le convinzioni e a ogni identità quali testimoni di Geova. Fino a questo punto il concetto di “libera volontà” è totalmente fuorviante e perciò da rigettare. Con il suo cumulo d’informazioni il libro offre un’esposizione sintetica della storia della sofferenza e della persecuzione delle testimoni di Geova. Descrive anche il rifiuto dei testimoni di Geova di svolgere nei campi di concentramento lavori che potevano avere importanza bellica. Infine sono presentate delle poesie composte dentro il campo di concentramento.

- Resistenza motivata da convinzione cristiana: testimoni di Geova sotto il nazionalsocialismo. Documentazione di una conferenza, Edizione Kreismuseum Wewelsburg, Fritz Bauer Institut, Centro federale di cultura politica, Essen 1998, ISBN 3-88474-670-7.

- Hans Hesse (Ed.), “I più coraggiosi furono sempre i testimoni di Geova”. Persecuzione e resistenza dei testimoni di Geova sotto il nazionalsocialismo, Brema 2000(2), ISBN 3-86108-724-3. 

- Hans Hesse/Jürgen Harder “E se dovessi restare in un campo di concentramento fino alla morte… Le testimoni di Geova nei campi di concentramento femminili di Moringen, Lichtenburg e Ravensbrück, Essen 2001, ISBN 3-88474-935-8.

 

Veronika Springmann

 

1  Detlef Garbe: Fra Martirio e Resistenza. I testimoni di Geova nel “Terzo Reich”, terza edizione riveduta e corredata di epilogo, Monaco di Baviera 1997.

2  “Mi impegno ad astenermi, dopo la mia liberazione, da ogni attività sovversiva e pregiudizievole per lo stato. Sono stato informato del fatto che non posso rivendicare indennizzi per lo stato di detenzione. Qualora si presenti un pericolo per la mia sicurezza, potrò farmi mettere volontariamente in stato di arresto politico”.

 


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Tradotto da fonte: http://www.ravensbrueckblaetter.de/schwerpunkte/zeugenjehovas/zeugenjehovas.html

 


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